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Si parva licet componere magnis
RILETTURE STORICHE PARALLELE
1944-1945: L'ALTRO TRADIMENTO
LA SOLITUDINE DELLA SCONFITTA E DELL'ABBANDONO
Non è bastato tradire un alleato.
Nel finale tragico della Seconda guerra mondiale, la Germania nazista scaricò anche i propri fedeli servitori, quelli che ancora combattevano e morivano al suo fianco.
Mentre trattava segretamente la propria resa con gli Alleati, il Reich abbandonò la Repubblica Sociale Italiana, lasciandola sola di fronte al crollo.
I suoi uomini soli, senza scampo, senza onore concesso, senza protezione promessa.
Questo è il racconto di un altro tradimento: più brutale, più disperato, più umano.
Un pezzo di storia che spiega, meglio di tante celebrazioni, come la guerra finisce davvero: quando nessuno vuole più morire per un’idea ormai perduta.
Non bastarono le promesse violate del 1939. Non bastò l’invasione del 1943. Nell’aprile 1945, la Germania nazista tradì anche la propria ultima creatura, lasciandola sola a difendere un’illusione svanita di fili spinati stesi per l’Europa. La fine della Repubblica Sociale Italiana fu anche la fine della menzogna su una presunta alleanza d’onore.
L’inizio
Il 13 novembre 1944, il generale Harold Alexander, comandante supremo delle forze alleate in Italia, emise un proclama via radio in cui invitava i partigiani italiani a sospendere le azioni offensive su vasta scala e a passare sulla difensiva durante l’inverno. Questo annuncio, sebbene motivato da considerazioni strategiche, ebbe un effetto demoralizzante sulle forze della Resistenza, che già affrontavano una dura repressione da parte delle truppe nazifasciste.
Ma da quella data, forse non casualmente, il generale delle SS Karl Wolff, comandante delle forze di polizia tedesche in Italia, avviò contatti segreti con gli Alleati attraverso l’agente dell’OSS Allen Dulles in Svizzera. Questi colloqui, noti come Operazione Sunrise, miravano a negoziare una resa separata delle forze tedesche in Italia. Parallelamente, Wolff stabilì contatti anche con esponenti del CLNAI, cercando di garantire una transizione ordinata e di evitare ulteriori spargimenti di sangue.
Le trattative segrete: Operazione Sunrise
Già tra la fine del 1944 e l’aprile 1945, le SS, sotto la guida del generale Karl Wolff, intrapresero trattative segrete con gli Alleati e il CLNAI, culminate nell’Operazione Sunrise. Queste trattative portarono a un progressivo disimpegno delle SS dalle operazioni antipartigiane, lasciando ai fascisti italiani il compito di continuare la repressione.A partire dal gennaio 1945, il generale delle SS Karl Wolff aprì trattative segrete a Berna con Allen Dulles (OSS americano), per negoziare:
La RSI fu completamente esclusa da ogni trattativa. Gli incontri, mediati anche dalla Curia milanese, riguardavano solo tedeschi e Alleati
La RSI era stata proclamata il 23 settembre 1943 come Stato sovrano, ma di fatto:
La RSI era dunque una creatura della Germania, non un alleato pienamente riconosciuto.
Cessate (quasi) il fuoco!
Il 12 marzo 1945, Wolff ordinò alle truppe sotto il suo comando di cessare le operazioni antipartigiane, limitandosi all’autodifesa e al mantenimento dell’ordine. Questo ordine fu reiterato il 26 aprile, il giorno successivo all’insurrezione generale. Di fatto, le SS si ritirarono progressivamente dalle azioni repressive, lasciando alle forze della Repubblica Sociale Italiana, ormai demoralizzate e disorganizzate, il compito di fronteggiare la crescente offensiva partigiana. Questa strategia di disimpegno contribuì al successo dell’insurrezione dell’aprile 1945 e alla liberazione dell’Italia settentrionale.
Quando il 29 aprile 1945 a Caserta venne firmata la resa delle forze tedesche in Italia (con effetto ufficiale il 2 maggio), si consumò formalmente un altro tradimento, forse ancora più amaro del primo, di cui abbiamo parlato nel precedente articolo. I tedeschi, infatti, non abbandonarono un vero alleato, ma una creatura politica e militare che loro stessi avevano creato: la Repubblica Sociale Italiana (RSI).
Non si trattò quindi di tradire un alleato paritario, ma di scaricare una creatura diventata ormai ingombrante, nata e sopravvissuta solo sotto tutela tedesca. Precisamente e formalmente gli accordi riportano le seguenti date conclusive:
Nella resa:
Riflessione
La Germania non tradì la RSI come si tradisce un alleato. La abbandonò come si abbandona una creatura che ha esaurito la sua funzione. Il cosiddetto “onore delle armi” non fu riservato a chi aveva servito la Germania fino all’ultimo. Quando la posta in gioco divenne la sopravvivenza personale dei gerarchi tedeschi, non c’era più spazio né per la fedeltà né per le ideologie condivise. Solo il calcolo brutale della convenienza.
La RSI non fu tradita come uno Stato sovrano, ma fu semplicemente abbandonata come una creatura divenuta inutile, travolta e dimenticata nel gorgo della sconfitta tedesca, ché, se fu la Germania il “socio forte” trascinatore e vittorioso dell’Asse, sua fu la responsabilità della complessiva della sconfitta. Se non altro per non aver aiutato gli alleati più deboli, che poterono metterci soltanto, come i soldati italiani, sangue e valore.
E il Regno d’Italia?
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il Regno d’Italia (il “Regno del Sud”), ridotto al territorio liberato dagli Alleati, dichiarò guerra alla Germania il 13 ottobre 1943, schierandosi formalmente come cobelligerante. Tuttavia:
Il Regno del Sud partecipò quindi alla liberazione del territorio italiano, ma non ebbe peso nelle decisioni chiave della resa tedesca e della sorte della RSI. Anche questa realtà — la marginalizzazione politica e diplomatica dell’Italia cobelligerante — rappresenta una delle tante zone d’ombra nel drammatico epilogo della Seconda Guerra Mondiale in Italia.
Solitudine nera
Non posso — e non voglio — negare che, a fronte di questo secondo tradimento, anche chi oggi guarda alla storia dalla parte dei vinti possa provare un sentimento di amarezza e di solitudine.
Se il primo tradimento tedesco (1939–43) poteva ancora appoggiarsi su eventi concreti come la deposizione di Mussolini, la fuga del re, l’armistizio, cioè su una rottura politica effettiva fra Italia e Germania, il secondo tradimento (1944–45) non ebbe alcuna giustificazione apparente:
i fascisti della RSI, pur nella loro tragica ostinazione, combatterono fino all’ultimo al fianco di chi, già nel novembre 1944, aveva iniziato a trattare la propria resa.
Chi rimase fedele non ebbe un Brennero aperto verso la salvezza, ma solo la resa incondizionata o la morte.
In fondo, anche il loro capo, Mussolini, non ebbe un epilogo che potesse riscattarlo. Dopo essere stato abbandonato dagli stessi tedeschi che pure avevano promesso protezione, morì travestito da soldato della Wehrmacht, nascosto sotto un cappotto e un elmetto tedesco, prigioniero senza gloria. Nemmeno la morte gli fu concessa nella forma tragica che Hitler riuscì invece a imporsi, scegliendo di sottrarre il proprio corpo allo scempio.
Inoltre, mentre le stragi tedesche — pure gravissime e storicamente indelebili — furono relativamente circoscritte e visibili su scala nazionale (Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, eccidi noti e concentrati), le violenze fasciste furono invece capillari, disperse, diluite in ogni provincia, in ogni paese, in ogni famiglia, come uno stillicidio quotidiano: rastrellamenti, torture, vendette locali operate da bande irregolari, dalle Brigate Nere e da reparti improvvisati, fino a provocare reazioni di odio popolare e di giustizia sostanziale che si protrassero ben oltre il 25 aprile, data formale e simbolica che non poteva stendere alcun velo sulle sofferenze delle memorie.
Non a caso, anche alcuni comandi tedeschi lamentarono la brutalità caotica di certi reparti fascisti di complemento, percepiti come incontrollabili e inaffidabili persino dai loro padrini militari.
In questo quadro, la solitudine delle camicie nere fu anche l’esito inevitabile di una stagione di violenza senza giustificazioni, che rese impossibile ogni riconciliazione immediata.
Quando la Storia presenta il conto, “La sorte dei servi è più amara di quella dei nemici: vengono traditi quando non servono più.” – Tacito, rielaborato.