IL FANTE E IL MULO

1940: l'attacco sulle Alpi avviene sotto il tiro delle cannonate francesi. Due bersaglieri dello stesso reggimento vedono una scena che resta impressa nella loro mente e che riportano nei loro diari, ciascuno con le proprie parole e con le proprie emozioni.

Dopo aver percorso circa trecento metri oltre il ponte, la strada era sbarrata da soldati e muli morti. Passando non potevo che guardare quello scenario. Mi impressionò la vista di un mulo, con tutto il carico ancora addosso e del suo conducente, entrambi morti: il soldato teneva ancora le redini del suo mulo con tutte e due le mani. Erano italiani! Mi chiesi perché il soldato tenesse ancora le redini del mulo: pensai che fosse stato forse il dolore, una volta colpito a morte o perché temeva che il suo mulo potesse andarsene per conto suo, abbandonandolo in quel luogo. Un interrogativo che rimase senza risposta, visto che i protagonisti erano entrambi morti, legati l’uno con l’altro attraverso le redini: a noi che passavamo, lasciava un’impressione strana e misteriosa. Quello che avevo colpito la mia attenzione era stata la disposizione plateale e commovente dei due corpi senza vita. Fu il primo incontro con la morte in quell’odiata e inutile guerra! 
(Luciano Scalone)

Al mattino del 20 giugno, siamo al Piccolo Moncenisio e lì eravamo: 4° bersaglieri, 1° Nizza cavalleria e il 1° reggimento carristi. Bisogna scendere ma i carri non passano, il Nizza nemmeno e c’era da caricare tutti i cavalli. I bersaglieri si prendono le loro armi e le cassette, le bici a mano e giù. La nebbia fitta, quella tutta nostro favore, altrimenti guai alle cannonate, e giù e giù. Già tre ore che si camminava e Dante strappava la catena della bicicletta: niente di male, l’annodo sul manubrio e sempre avanti, per fortuna eravamo in discesa e Dante si arrangiava a stare assieme ai compagni. Verso le 10 siamo nella vallata e tutti salgono in bici. Di colpo incontriamo un povero fante che si teneva ancora in mano la briglia del suo mulo, ma, poveretto, era morto lui e anche il mulo e poi, più avanti, tanti altri ai lati della strada, chi feriti e chi morti. Coraggio, viene il bello!
(Dante Schiavi)

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CAMPI & S.

IMPORTANTE

Alcune parti di testi e diverse immagini riportate in questo sito o inserite negli articoli  sono tratti da ricerche su internet e, pertanto, di pubblico dominio: talora, preso dalla curiosità e della passione, ho perso i riferimenti alle fonti. Qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, ciò può essere segnalato attraverso uno dei moduli disponibili nelle pagine interne.
Si provvederà alla immediata eliminazione dei contenuti segnalati.

Le immagini storiche di Stradella, se non diversamente indicato, sono tratte dalla Galleria “C’era una volta Stradella” e pubblicate per gentile concessione di Francesco Gola.

E' troppo tardi, ormai...

 

L’ultima spiaggia è un film di Stanley Kramer del 1959, con Gregory Peck, Anthony Perkins, Fred Astaire e Ava Gardner, tratta dall’omonimo libro di due anni prima.

Ero ancora bambino, ma mi turbò molto e mi trasmise, per sempre, quella sensazione, quella percezione, quell’atmosfera di fine ineluttabile della vita sulla Terra. Non fui un’eccezione, evidentemente, se il titolo del film ha dato origine al comune modo di dire “essere all’ultima spiaggia”.

Lo videro sicuramente anche i detentori degli arsenali atomici che, voglio credere, ne trassero un forte messaggio contro il loro impiego.

Oggi si va egualmente verso la fine del pianeta, e non mi riferisco alle guerre, in atto e probabili, in quanto esse ci avvicinano “solo” alla possibilità della fine. Mi riferisco al cambiamento climatico, che, invece, è ormai senza ritorno: basta aspettare, così, facendo finta che tutto sia normale, a parte prendersela con quelli che lo sanno o che han fatto due conti, anzi tre equazioni…

SQUADRAABCDETotale 
MILAN1142   116
INTER108    108
UNIONE SPORTIVA MILANESE – USM1651  22
LIBERTAS FBC (AC) (RACING LIBERTAS CLUB)751  13
JUVENTUS ITALIA FBC 6421 13
NAZIONALE LOMBARDIA FBC5 2  7
STELVIO AC4124415
ENOTRIA GOLIARDO 1908411  6
AUSONIA PRO GORLA SS (SC)331  7
SPORT CLUB ITALIA31   4
ASSOCIAZIONE MILANESE DEL CALCIO (AMC)21   3
AUSONIA FBC132  6
SAVOIA MILANO AC121  4
MEDIOLANUM SEF1    1
NAZIONALE LOMBARDIA (S.C.I.)1    1
OM – OFFICINE MECCANICHE GS 433 10
VIGOR FC (FBC) 35  8
OLONA (PRO MILANO) FBC 33  6
PIRELLI (CS) (GS) (DA) 28111031
MINERVA 2614325
MINERVA AC (FBC) 2614325
LAMBRO SS  2 1 3
DERGANO (SPORTIVA) FC  142 7
ARDITA AUSONIA FBC 141 6
ITALIA SPORT CLUB FC 12  3
ARDITA FC 11  2
UNITAS FBC 11  2
MILANESE LIBERTAS 1920 AC 1 236
SEMPIONE FC 1 1 2
STRIVER FC 1   1
REDAELLI (GS DA CRAL)  64313
IRIS 1914 – SPORT IRIS (CLUB) MILAN  59 14
ALFA ROMEO GC  5 27
FARINI SC  37 10
ISOTTA FRASCHINI GS  34 7
RIZZOLI CS  3148
STELVIO OLONA    21 3
LOMBARDIA FC  2  2
ALLEANZA FC   110 11
CAPRONI DA  15 6
ROL GS  1214
FERROVIERI DA  1  1
MONFORTE FC  1  1
RACING CLUB ITALIA  1  1
WASHINGTON SC  1  1
INNOCENTI DA   61016
FERROVIE NORD MILANO DA   617
GSF FIAMMA CREMISI   6 6
VILLAPIZZONE CDA AC    538
ATM DA   5 5
BRILL GS   5 5
GSF BONSERVIZI TONOLI     4 4
GSF FILZI FABIO   4 4
IV NOVEMBRE FC   4 4
ATM CRAL SEZIONE CALCIO   3912
CRESCENZAGO AC   314
COMMERCIANTI  AC   3 3
EDMONDO DE AMICIS GS   3 3
GSF CORRIDONI FILIPPO   3 3
GSF FRANCESCO BARACCA    3 3
IRIS BAGGIO   235
ALIPPI  STELLA ROSSA AC   213
CORVETTO AC   213
SPREAFICO NIGUARDA   213
CERETTI E TANFANI   2 2
GSF DIAZ ARMANDO   2 2
GSF GUGLIELMO OBERDAN    2 2
GSF PIAVE (PIAVE GORLA)   2 2
MONTELLO FBC (FC)   2 2
POLETTI   2 2
RICHARD S. CRISTOFORO  GS   2 2
ROMANA AS   2 2
SAFAR   2 2
VILLAPIZZONE CDA AC   2 2
ALCIONE SS   145
SPERANZA (GRECO) US (SSS)   145
ALFA ROMEO ACCL   134
CORSERA GS   134
HALF 1919 FBC    134
AFFORESE GS   123
ITALOSPORT VILLOR UNIVERSO   123
SNIA MILANO   123
CGE   112
ALBANOVA LORENTEGGIO   1 1
ALFA ROMEO DA   1 1
ANPI FACE   1 1
BORDOGNA   1 1
CENTRO SC   1 1
DAS – DOPOLAVORO AZ. STIPEL    1 1
DE ANGELI FRUA   1 1
FERROVIARIO   1 1
FIAT SEZ. CALCIO MILANO   1 1
FILOCANTANTI   1 1
FORZA E CORAGGIO   1 1
FOSSATI VIRGILIO FC   1 1
FULGOR     1 1
GENERAL GANDOLFO GS   1 1
GSF BERNINI ELISEO (INDOMITA – RISORTA)   1 1
GSF CESARE BATTISTI   1 1
GSF MAMELI GOFFREDO   1 1
GSF SOCRATE LORIS   1 1
INSUBRIA GS   1 1
PRO PACE   1 1
SAMA AC   1 1
SANDOZ     1 1
STIPEL DAS   1 1
TURRO   1 1
VILLAPIZZONE AC   1 1
BANCO AMBROSIANO GS     99
NIGUARDESE ( – AURORA) US    77
NUVOLONE (-SANYO) (-AREXONS) (-AUTOSTRADALE) AC      66
BANCA DEL LAVORO AC    55
LORENTEGGIO (PEJO) AS    55
SCARIONI FRANCO GS    55
SIEMENS SS    55
CALVAIRATE     44
MAGAZZINI STANDA BOVISA GS    44
BRERA FC    33
CARABELLI LANFRANCHI US    33
CALCIO CLUB MILANO     22
CARLO MERLI CRS    22
MONTECATINI GS (CRAL)    22
ALIPPI IPPICA AC    11
CARABELLI US    11
CUS MILANO    11
FRANCO SCARIONI SS    11
GINO CONTI    11
GIVIEMME    11
LA CIMBALI AC    11
LODOVICA    11
MILANESE ROMANA     11
MINERVA AC      11
MONTECATINI (CRAL)    11
NIGUARDESE US    11
NIVEA    11
NOVELLI CONQUISTA (POLISPORTIVA)    11
ORTOFIGOR SC    11
PIRELLI     11
PRO GORLA    11
REDAELLI (CRAL)    11
SINGER SS    11
SPERANZA MILANO    11
SPERANZA US    11
TALIEDO AC    11

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1940: l'attacco sulle Alpi avviene sotto il tiro delle cannonate francesi. Due bersaglieri dello stesso reggimento vedono una scena che resta impressa nella loro mente e che riportano nei loro diari, ciascuno con le proprie parole e con le proprie emozioni.

Dopo aver percorso circa trecento metri oltre il ponte, la strada era sbarrata da soldati e muli morti. Passando non potevo che guardare quello scenario. Mi impressionò la vista di un mulo, con tutto il carico ancora addosso e del suo conducente, entrambi morti: il soldato teneva ancora le redini del suo mulo con tutte e due le mani. Erano italiani! Mi chiesi perché il soldato tenesse ancora le redini del mulo: pensai che fosse stato forse il dolore, una volta colpito a morte o perché temeva che il suo mulo potesse andarsene per conto suo, abbandonandolo in quel luogo. Un interrogativo che rimase senza risposta, visto che i protagonisti erano entrambi morti, legati l’uno con l’altro attraverso le redini: a noi che passavamo, lasciava un’impressione strana e misteriosa. Quello che avevo colpito la mia attenzione era stata la disposizione plateale e commovente dei due corpi senza vita. Fu il primo incontro con la morte in quell’odiata e inutile guerra! 
(Luciano Scalone)

Al mattino del 20 giugno, siamo al Piccolo Moncenisio e lì eravamo: 4° bersaglieri, 1° Nizza cavalleria e il 1° reggimento carristi. Bisogna scendere ma i carri non passano, il Nizza nemmeno e c’era da caricare tutti i cavalli. I bersaglieri si prendono le loro armi e le cassette, le bici a mano e giù. La nebbia fitta, quella tutta nostro favore, altrimenti guai alle cannonate, e giù e giù. Già tre ore che si camminava e Dante strappava la catena della bicicletta: niente di male, l’annodo sul manubrio e sempre avanti, per fortuna eravamo in discesa e Dante si arrangiava a stare assieme ai compagni. Verso le 10 siamo nella vallata e tutti salgono in bici. Di colpo incontriamo un povero fante che si teneva ancora in mano la briglia del suo mulo, ma, poveretto, era morto lui e anche il mulo e poi, più avanti, tanti altri ai lati della strada, chi feriti e chi morti. Coraggio, viene il bello!
(Dante Schiavi)

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Alcune parti di testi e diverse immagini riportate in questo sito o inserite negli articoli  sono tratti da ricerche su internet e, pertanto, di pubblico dominio: talora, preso dalla curiosità e della passione, ho perso i riferimenti alle fonti. Qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, ciò può essere segnalato attraverso uno dei moduli disponibili nelle pagine interne.
Si provvederà alla immediata eliminazione dei contenuti segnalati.

Le immagini storiche di Stradella, se non diversamente indicato, sono tratte dalla Galleria “C’era una volta Stradella” e pubblicate per gentile concessione di Francesco Gola.

E' troppo tardi, ormai...

 

L’ultima spiaggia è un film di Stanley Kramer del 1959, con Gregory Peck, Anthony Perkins, Fred Astaire e Ava Gardner, tratta dall’omonimo libro di due anni prima.

Ero ancora bambino, ma mi turbò molto e mi trasmise, per sempre, quella sensazione, quella percezione, quell’atmosfera di fine ineluttabile della vita sulla Terra. Non fui un’eccezione, evidentemente, se il titolo del film ha dato origine al comune modo di dire “essere all’ultima spiaggia”.

Lo videro sicuramente anche i detentori degli arsenali atomici che, voglio credere, ne trassero un forte messaggio contro il loro impiego.

Oggi si va egualmente verso la fine del pianeta, e non mi riferisco alle guerre, in atto e probabili, in quanto esse ci avvicinano “solo” alla possibilità della fine. Mi riferisco al cambiamento climatico, che, invece, è ormai senza ritorno: basta aspettare, così, facendo finta che tutto sia normale, a parte prendersela con quelli che lo sanno o che han fatto due conti, anzi tre equazioni…

SQUADRAABCDETotale 
MILAN1142   116
INTER108    108
UNIONE SPORTIVA MILANESE – USM1651  22
LIBERTAS FBC (AC) (RACING LIBERTAS CLUB)751  13
JUVENTUS ITALIA FBC 6421 13
NAZIONALE LOMBARDIA FBC5 2  7
STELVIO AC4124415
ENOTRIA GOLIARDO 1908411  6
AUSONIA PRO GORLA SS (SC)331  7
SPORT CLUB ITALIA31   4
ASSOCIAZIONE MILANESE DEL CALCIO (AMC)21   3
AUSONIA FBC132  6
SAVOIA MILANO AC121  4
MEDIOLANUM SEF1    1
NAZIONALE LOMBARDIA (S.C.I.)1    1
OM – OFFICINE MECCANICHE GS 433 10
VIGOR FC (FBC) 35  8
OLONA (PRO MILANO) FBC 33  6
PIRELLI (CS) (GS) (DA) 28111031
MINERVA 2614325
MINERVA AC (FBC) 2614325
LAMBRO SS  2 1 3
DERGANO (SPORTIVA) FC  142 7
ARDITA AUSONIA FBC 141 6
ITALIA SPORT CLUB FC 12  3
ARDITA FC 11  2
UNITAS FBC 11  2
MILANESE LIBERTAS 1920 AC 1 236
SEMPIONE FC 1 1 2
STRIVER FC 1   1
REDAELLI (GS DA CRAL)  64313
IRIS 1914 – SPORT IRIS (CLUB) MILAN  59 14
ALFA ROMEO GC  5 27
FARINI SC  37 10
ISOTTA FRASCHINI GS  34 7
RIZZOLI CS  3148
STELVIO OLONA    21 3
LOMBARDIA FC  2  2
ALLEANZA FC   110 11
CAPRONI DA  15 6
ROL GS  1214
FERROVIERI DA  1  1
MONFORTE FC  1  1
RACING CLUB ITALIA  1  1
WASHINGTON SC  1  1
INNOCENTI DA   61016
FERROVIE NORD MILANO DA   617
GSF FIAMMA CREMISI   6 6
VILLAPIZZONE CDA AC    538
ATM DA   5 5
BRILL GS   5 5
GSF BONSERVIZI TONOLI     4 4
GSF FILZI FABIO   4 4
IV NOVEMBRE FC   4 4
ATM CRAL SEZIONE CALCIO   3912
CRESCENZAGO AC   314
COMMERCIANTI  AC   3 3
EDMONDO DE AMICIS GS   3 3
GSF CORRIDONI FILIPPO   3 3
GSF FRANCESCO BARACCA    3 3
IRIS BAGGIO   235
ALIPPI  STELLA ROSSA AC   213
CORVETTO AC   213
SPREAFICO NIGUARDA   213
CERETTI E TANFANI   2 2
GSF DIAZ ARMANDO   2 2
GSF GUGLIELMO OBERDAN    2 2
GSF PIAVE (PIAVE GORLA)   2 2
MONTELLO FBC (FC)   2 2
POLETTI   2 2
RICHARD S. CRISTOFORO  GS   2 2
ROMANA AS   2 2
SAFAR   2 2
VILLAPIZZONE CDA AC   2 2
ALCIONE SS   145
SPERANZA (GRECO) US (SSS)   145
ALFA ROMEO ACCL   134
CORSERA GS   134
HALF 1919 FBC    134
AFFORESE GS   123
ITALOSPORT VILLOR UNIVERSO   123
SNIA MILANO   123
CGE   112
ALBANOVA LORENTEGGIO   1 1
ALFA ROMEO DA   1 1
ANPI FACE   1 1
BORDOGNA   1 1
CENTRO SC   1 1
DAS – DOPOLAVORO AZ. STIPEL    1 1
DE ANGELI FRUA   1 1
FERROVIARIO   1 1
FIAT SEZ. CALCIO MILANO   1 1
FILOCANTANTI   1 1
FORZA E CORAGGIO   1 1
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FULGOR     1 1
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GSF BERNINI ELISEO (INDOMITA – RISORTA)   1 1
GSF CESARE BATTISTI   1 1
GSF MAMELI GOFFREDO   1 1
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INSUBRIA GS   1 1
PRO PACE   1 1
SAMA AC   1 1
SANDOZ     1 1
STIPEL DAS   1 1
TURRO   1 1
VILLAPIZZONE AC   1 1
BANCO AMBROSIANO GS     99
NIGUARDESE ( – AURORA) US    77
NUVOLONE (-SANYO) (-AREXONS) (-AUTOSTRADALE) AC      66
BANCA DEL LAVORO AC    55
LORENTEGGIO (PEJO) AS    55
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CALVAIRATE     44
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CARABELLI US    11
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FRANCO SCARIONI SS    11
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LODOVICA    11
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TRAMA OSCURA A QUARTO OGGIARO

MILANO, STORIE NELLA STORIA TRAMA OSCURA A QUARTO OGGIARO Presentazione a Villa Scheibler Sabato 15 novembre, a Quarto Oggiaro, dentro la splendida cornice di Villa Scheibler, è successa una cosa che merita di essere condivisa nei gruppi che parlano di Milano storica, curiosa, dialettale e dei nostri quartieri. Si è parlato di un giovane del nostro territorio:Renzo Novelli, partigiano gappista, protagonista della Resistenza nella zona tra Quarto Oggiaro, Vialba, Musocco, Certosa e l’Alfa Romeo.Un nome che tanti, qui, hanno sentito almeno una volta.Una storia che per anni è rimasta sospesa tra silenzi, mezze verità e ricordi di famiglia. La presentazione del libro Trama Oscura ha rimesso insieme i pezzi di questa vicenda, raccontando il famoso scontro dell’11 agosto 1945 in via Triboniano.Una pagina del dopoguerra milanese che in pochi conoscono, ma che appartiene pienamente alla storia della nostra zona. 🔹 Perché è importante?Perché finalmente sono emerse domande, documenti, testimonianze che fanno luce sulle tante versioni circolate negli anni.E perché una comunità – storici locali, ANPI, scuole, cittadini – sta riportando dignità a una storia che meritava di essere capita fino in fondo. 🔹 E c’è una buona notizia.Grazie al lavoro fatto attorno al libro e alla forte partecipazione alla serata, il Comune di Milano potrà finalmente sbloccare la posa della targa dedicata a Novelli, già realizzata da anni ma mai apposta sul luogo esatto – in via Triboniano 9, dove avvennero i fatti. Sarebbe un gesto semplice ma fondamentale:un segno fisico, nel quartiere, che racconta chi eravamo e chi siamo. 🔹 Un grazie specialea chi da anni tiene viva la memoria del nostro territorio:associazioni, divulgatori locali, insegnanti, ANPI, Quattro Punte Edizioni e tutti quelli che credono che Milano sia fatta anche di storie piccole, di voci di quartiere, di persone che non hanno mai smesso di voler capire e raccontare. Quarto Oggiaro e tutta la zona nord-ovest hanno un passato più ricco e sorprendente di quanto si pensi. Sabato ne abbiamo avuto una prova bellissima. La presentazione di Trama Oscura ha assunto i contorni di un vero momento di confronto civile. Non un semplice appuntamento culturale, ma un’occasione in cui la comunità di Quarto Oggiaro, insieme a Vialba, Musocco e Certosa, ha riportato al centro un frammento di storia locale rimasto per decenni in ombra: la vicenda del partigiano Renzo Novelli, ucciso l’11 agosto 1945 in un episodio controverso del primo dopoguerra milanese. Un territorio che la Resistenza l’ha costruita dal basso A dare avvio agli interventi è stato il presidente del Municipio 8, che ha ricordato come questa parte della città sia stata una delle culle della Resistenza operaia.Non solo per la presenza dell’Alfa Romeo e delle fabbriche della zona, ma per quel tessuto sociale – case popolari, cooperative, reti familiari – che negli anni della guerra seppe trasformarsi in una struttura di opposizione diffusa al nazifascismo. La storia del ’45 e le domande dei giovani Il moderatore Aaron Paradiso, attivo nella divulgazione storica nelle scuole del quartiere, ha richiamato l’attenzione su un nodo fondamentale: come trasmettere alle nuove generazioni la complessità della Resistenza evitando l’effetto “lapide”, cioè quella distanza emotiva che spesso si crea tra gli studenti e gli eventi storici. Paradiso ha ricordato come proprio la figura di Novelli – giovane, determinato, protagonista della Milano operaia – sia stata negli anni capace di suscitare domande e curiosità nei ragazzi, soprattutto quando il racconto si intreccia a luoghi riconoscibili del quartiere, come via Mambretti, l’osteria della stazione o il passaggio a livello che segnava l’ingresso della Muti. Il libro e la necessità di rimettere ordine Nel presentare il suo lavoro, Alberto Schiavi ha ripercorso il lungo percorso di ricerca che ha portato alla stesura del libro: dalle prime incongruenze trovate negli archivi di giornale fino ai silenzi istituzionali, passando per le testimonianze della madre di Novelli e le parole di Giovanni Pesce. Schiavi ha sottolineato come l’obiettivo non fosse quello di ricostruire una verità definitiva, ma di riaprire una vicenda troppo presto cristallizzata in una narrazione unilaterale.Un progetto che ha potuto vedere la luce grazie alla fiducia dell’editore 4 Punte, che ha riconosciuto il valore documentale e civile della ricerca offrendo lo spazio e il sostegno necessari alla pubblicazione. La lapide mai posata: una ferita ancora aperta Uno dei momenti più intensi della giornata è stato l’intervento dei rappresentanti dell’ANPI Cappettini, che da anni chiedono la posa della targa dedicata a Renzo Novelli nel luogo esatto della sua morte, in via Triboniano 9. La targa – realizzata dal Comune di Milano nel 2016 – non è mai stata apposta.Resta in deposito, mentre ogni 25 aprile la commemorazione si svolge provvisoriamente sotto un palo della luce, davanti allo stabile. La vicenda, raccontata punto per punto durante la presentazione, è diventata il simbolo di una memoria ancora incompleta.Il consigliere comunale Alessandro Giungi, presente in sala, ha raccolto l’appello e riconosciuto la necessità di chiudere finalmente l’iter, restituendo un segno concreto alla storia del quartiere. Una memoria che appartiene a tutti La giornata a Villa Scheibler ha mostrato come la memoria non sia un patrimonio statico, ma un bene che vive solo quando viene condiviso, discusso, rimesso in circolo.Tra ricercatori, insegnanti, attivisti, istituzioni e cittadini, l’incontro ha assunto i contorni di un laboratorio civico, capace di tenere insieme rigore storico e identità di territorio. Se la targa verrà davvero posata, sarà il risultato di un movimento più ampio: il desiderio di riportare la storia di Novelli alle sue strade, ai suoi luoghi, alla comunità che ancora oggi ne custodisce il ricordo.E sarà il segno tangibile di una città che non rinuncia alle sue memorie difficili, ma le affronta con responsabilità e trasparenza. www.tramaoscura1945.it

RICERCHE INCASINATE

MILANO, PAROLE MIE, PAROLE NEL MONDO RICERCHE INCASINATE ALLA RICERCA DI PAESI E DESINENZE IN -ATE Immagine da STAGNIWEB 1 – Tra Linate, Segrate e altre uscite sbagliate C’è chi, arrivando per la prima volta a Milano, non dimenticherà mai la sensazione di smarrimento sulla Tangenziale Est, con tutte quelle uscite in -ate. A chi viene da fuori, quella sfilata di suffissi uguali pare quasi un codice, una formula magica, un “marchio di fabbrica” del paesaggio. Come aperitivo, c’è l’uscita (via) Mecenate, che naturalmente non c’entra, riferendosi al noto personaggio etrusco-romano, ma che potrebbe essere interpretata – in quanto direttrice principale di un intero quartiere – come dovuta al nome di una località preesistente all’espansione urbana di Milano, parimenti alla non lontana Calvairate. Poi la tangenziale prosegue verso nord con uscite verso altri toponimi in -ate, tra i quali anche Vimercate meriterà una precisazione. In uno sketch ormai leggendario, Enrico Montesano raccontava quell’esperienza coniando, o forse evocando per magia, il neo-toponimo di Mandonnate, immaginario, ma così verosimile da sembrare già stampato su un cartello dopo quelli di Linate, Lambrate, Segrate, Carugate… (La frase originale terminava invero con un punto interrogativo: «Ma ‘ndo annate?») In quella battuta comica c’è già il punto di partenza di questo lavoro: la sorpresa linguistica di chi si accorge che un suono – -ate – domina la geografia lombarda, in particolare la provincia “grande” di Milano, quella cioè, che dal 1861, comprendeva sostanzialmente, oltre all’attuale Città Metropolitana, anche le province di: Varese (fino al 1927), Lodi (1992), Monza e Brianza (2004).  Questa concentrazione dei suffissi in-ate è anche un indizio etnolinguistico fortissimo. Il fatto che essi non compaiano a Lodi e costituiscano rarità nel Piemonte orientale, a Pavia, a Cremona e pochissimo altro, rivela che il fenomeno -ate appartiene a una fascia celtico-insubre precisa, centrata sulla vecchia provincia di Milano. 2 – Dall’Insubria al Ducato di Milano: la lunga vita del suffisso -ate Già in età preromana, il territorio compreso tra il Ticino e l’Adda costituiva il cuore della Gallia Cisalpina, abitata dai Galli Insubri. Fu qui che il suffisso celtico -ath (luogo presso l’acqua o il guado), passato nel latino –ates, indicante, come nota Rohlfs, “il luogo o coloro che abitano presso”, si radicò nella toponimia lombarda fino a sopravvivere nell’attuale –ate. Quando Roma conquistò Mediolanum nel 222 a.C., non spazzò via quella lingua, e nemmeno il nome della città, ma adottò il suffisso e lo latinizzò in una forma stabile, che sopravvive ancora oggi, e arruolò Medio-lanon, “luogo in mezzo alla pianura”, nella seconda declinazione neutra — Mediolanum — lasciandone intatto il senso celtico del nome. Ogni nome, dietro la sua apparente semplicità, conserva dunque un frammento di storia e il legame antico tra l’uomo e l’acqua, tra il villaggio e il passaggio, cui risalire attraverso una gerarchia interpretativa che parte dal livello indoeuropeo delle radici, passa per quello celtico-insubre della formazione suffissale -ath/-ates, e approda alla rifinitura amministrativa romana, che fissò in forma latina i nomi che ancora oggi usiamo.” Nel corso dei secoli, questa fascia celtico-insubre rimase straordinariamente compatta. Il Ducato di Milano, nato in età medievale, ne ereditò quasi intatti i confini, e le riforme amministrative dei secoli successivi — fino alla “Grande Provincia di Milano” del 1868 — non fecero che confermare un assetto già antico. La continuità dei nomi in -ate non fu dunque un fenomeno casuale, ma la persistenza di un’identità territoriale che né i Longobardi, né gli Spagnoli, né gli Austriaci riuscirono a cancellare. Perfino oltre il confine moderno, nel Canton Ticino, si ritrovano tracce della stessa matrice linguistica: il piccolo comune di Vernate, per esempio, ripete un nome presente anche al di qua del confine, come eco di una medesima radice insubre sopravvissuta a secoli di romanizzazione. Il suffisso -ate appare così come un marcatore etnolinguistico unico, un’eredità dei Galli Insubri che attraversa il tempo e le carte amministrative, mantenendo intatta la sua voce antica. Nelle sezioni seguenti esamineremo anche le radici di questi nomi e le altre desinenze tipiche del territorio lombardo — –asco, –ago, –ano — che dialogano con –ate come varianti di una stessa, lunghissima storia linguistica. (segue) LA MILANO ARIOSA DI 2000 E PASSA ANNI FA Luoghi milanesi con toponimi preromani Arsaga Bagg Bàlsom Baranzaa Baronna Boldinaa Bollaa Bollonna Bovisa   Brandezzaa  Bress Brovett Brusuj Bruzzan  Cagnoeura Calvairaa Carsenzagh Cormann Cusagh  Dèrghen Gambalo(eu)ita Garegnan Gentilin Gorla Grattasoeuj Grech   Lambraa Linaa Lorentegg  Lorett  Macconagh Merezaa Morivion Morseng Musocch  Ninguarda   Novaa   Noverasch Ortìga Poasch    Precott Prescentenee   Quadronn Restocch   Sagh    Scinsell Segnan Segraa Tajeed Tor  Trenn Vigentin   Zerbon (segue) Bibliografia essenziale Rohlfs, Gerhard.Romanisches Namenbuch: Herkunft und Bedeutung der romanischen Orts- und Personennamen.Heidelberg: Carl Winter Universitätsverlag, 1958.📖 Testo fondamentale per la toponomastica romanica. Il Rohlfs identifica nel suffisso –ates latino la derivazione diretta dai modelli etnici celtici (–ath / –ates), poi evoluti nei toponimi lombardi in –ate. Borghi-Cocchi di San Salvatore, Guiduchindo Yôḥânān.Sostrato paleoligure e toponimi in –ate. Saggio inedito (2025).📄 Ricerca speculativa ma ricchissima di spunti, che propone un’origine pluristratificata (paleoligure, celtica e indoeuropea) dei toponimi in –ate, con particolare attenzione all’area insubre. Pellegrini, Giovan Battista.Toponomastica italiana. Nomi di luogo, origini e significati.Milano: Hoepli, 1990 (2ª ed.).📚 Opera di riferimento per la toponimia italiana. Offre il quadro linguistico generale (latino, celtico, ligure, venetico) entro cui collocare il fenomeno lombardo dei suffissi –ate, –asco, –ano, –ago

COSI’ COMINCIA IL MALE?

STORIE NELLA STORIA COSI’ COMINCIA IL MALE? Un post scriptum a TRAMA OSCURA Alla fine, la vicenda narrata stimola una riflessione, collaterale: quanto male dobbiamo accettare per poter vivere in pace con noi stessi e con gli altri? E quanti torti restano impuniti quando la società vuole in prevalenza dimenticare? Tale riflessione poggia su tre temi: Il passaggio dal fascismo alla libertà, con tutte le ipocrisie e i compromessi. La menzogna indivuduale, privata, come metafora della menzogna storica. Il ritorno a una vita normale, la colpa, la vendetta, il perdono. Il “male” non come evento, ma come abitudine: il male ricomincia quando si smette di reagire o di resistere. La riflessione, durante la ricostruzione e la narrazione dei fatti, si intrometteva ogni tanto nella stesura del testo; e mi accorgevo che la prosa che ne scaturiva sembrava dialogare più con la mia coscienza che con il futuro lettore. Certo non la mia capacità di scrittore casuale, ma i fatti, da soli, hanno costruito una certa tensione nel racconto; ciò non solo con dei colpi di scena, ma con la sospensione del non detto. Il titolo stesso — Trama Oscura — indica un’attività tortuosa e coperta, volta al conseguimento di fini poco chiari, anzi, con quell’aggettivo, del tutto privi luce: la normalizzazione del male e della colpa taciuta dietro la rispettabilità. Può essere? Certo, “rispettabilità” è un termine che ne racchiude tante:  verso gli alleati vincitori, verso la borghesia, verso la chiesa, verso i militari, verso la propria, individuale e collettiva. Mentre negli anni Cinquanta, all’altra parte, di rispettabilità ne era riservata poca o affatto; e ricordo bene, per quanto allora bambino, di sentir talvolta parlare dei partigiani come temerari giustizieri, sì, ma purtroppo colpevoli di certe sequenze di reati comuni. Ma, lasciamo la rispettabilità per tornare al non detto, all’oscuro, alle trame, al titolo. Non conoscevo Amleto, se non per citazioni scolastiche e per quella sua fama di principe esitante. Ma é stato stato leggendo un romanzo spagnolo – Así empieza lo malo di Javier Marías, tradotto in italiano come Così comincia il male – che mi sono accorto di avere camminato per anni dentro la stessa ombra: quella di una verità conosciuta ma taciuta, di un male che non esplode, ma si deposita lentamente nella memoria degli uomini. Il titolo di Marías viene infatti da una battuta di Amleto: “Così comincia il male, e il male ancora non è finito.” È una frase terribile e limpida.Dice che il male non nasce dai delitti, ma dal silenzio che li segue e che, dal momento in cui si decide di non vedere, di non disturbare la pace con la verità. Nel romanzo di Marías il protagonista osserva, indaga, scopre le colpe nascoste sotto la facciata della Spagna franchista. Ma non denuncia, non agisce: come Amleto, rimane testimone, non giudice. E quel mondo, pur “democratico”, è ancora malato del proprio passato, come una ferita chiusa ma non curata. Quando scrivevo Trama Oscura non avevo certo in mente Shakespeare, ma sentivo lo stesso respiro. La mia indagine partiva infatti da un delitto rimosso, da una pagina scomoda del dopoguerra italiano, e si muoveva dentro un intreccio di complicità e di oblii. Fino a scoprire, alla fine, che la mistificazione, la trama, prosegue fino ai giorni nostri, consapevolmente o meno non importa, arrivando all’inverosimile, quando, dopo ottant’anni di democrazia, si persevera nella menzogna individuale e collettiva e nel voler piegare la Storia a quel male. La “trama oscura” è appunto questo: il tessuto di silenzi e convenienze che lega i vivi ai morti, i colpevoli agli innocenti, la verità alla paura. Non serve conoscere Amleto per riconoscere quella notte dell’anima: basta vivere in un Paese che ha scelto di dimenticare e ancor oggi di mentire a sè stesso. E forse il male di cui parla Marías, quello che comincia e non finisce, è proprio questo.Non l’omicidio, ma la pacificazione troppo rapida; non il sangue, ma la menzogna normalizzatrice. In fondo, ogni epoca ha la sua trama oscura: quel reticolo invisibile in cui la verità rimane impigliata. Il compito di chi scrive, e forse anche di chi ricorda, è soltanto questo: illuminare la strada della Storia, anche con il contributo di una piccola luce.

ORSI ROMANCI

STORIELLE ORSI ROMANCI Un cartello “milanese” a San Niclà e una lingua neolatina che resiste tra le valli svizzere La suddivisione linguistica dei Grigioni Dialetti, Grigioni, Linguistica, MIlano, orsi, Svizzera Il Cantone dei Grigioni Introduzione Il 30 maggio scorso, in viaggio verso Monaco di Baviera, ci siamo fermati per un picnic in Bassa Engadina, nel Cantone dei Grigioni. Paesaggio alpino da cartolina: prati pieni di verde, una strada bianca che si perde nel bosco, il fiume Inn che scorre rumoroso, le cime più alte ancora imbiancate. A bordo strada, un cartello: “exclus trafic agricul e forestal”. Lo guardo, lo leggo ad alta voce e sorrido, sembra quasi … milanese o un altro dialetto lombardo occidentale! Un cartello a 250 km da Milano che sembra parlarmi nella mia lingua. Poi scatto una foto ricordo e ci rimugino su un po’ e scatta la curiosità, oltre il limite delle nozioni linguistiche sulle lingue retoromanze, sulle minoranze linguistiche svizzere, eccetera… Finito lo spuntino, ci avviciniamo al contenitore dei rifiuti ed ecco un avviso bilingue, in tedesco e poi sempre in quell’altro comprensibilissimo linguaggio: si intuisce la traduzione di “Non lasciare cibo all’aperto – Presenza di orsi”. Non ricordo esattamente le parole originali, ma, con una successiva ritraduzione ricostruisco all’incirca questa scritta: “Na laschai betg viver al liber – Ils urs èn qua”, “Gli orsi sono qua”! Qualche giorno dopo, controllo i dati dello scatto: San Niclà, Strada, Val Müstair. Una rapida ricerca e la risposta sulla lingua è chiara ed univoca: trattavasi di romancio. Rumantsch: una lingua circondata Ma, cosa c’è dietro a questa sopravvivenza linguistica in questa valle lontana? Quali vicende storiche hanno permesso a un frammento di latino di resistere nei secoli, quasi invisibile, fino a comparire – oggi – in un cartello stradale che sembra parlarmi nella mia lingua? Il romancio è una lingua neolatina, sorella dell’italiano, delle altre lingue neolatine e dei dialetti lombardi. È l’erede diretto del parlare e dello scrivere portato dai Romani oltre le Alpi, collocatosi sui preesistenti substrati celtici e retici, come in gran parte dell’Italia settentrionale. Non è un “dialetto”, ma una lingua, riconosciuta come lingua nazionale svizzera nel 1938 (referendum del 20 febbraio, ratificato il 29 febbraio, con oltre il 90% dei voti favorevoli). Nel 1996 ottenne anche lo status di lingua ufficiale parziale: lo Stato confederale risponde in romancio ai cittadini che scrivono in romancio. Il romancio resiste oggi come una piccola isola linguistica nelle Alpi grigionesi, parlato da meno dell’1% degli svizzeri. Ma un tempo non era un’isola: era parte di un continuum di parlate romanze che univa i Grigioni alle valli e alle pianure lombarde, un grande arcipelago di dialetti discendenti dal latino. Questa continuità si è spezzata nei secoli: il tedesco avanzò nelle valli alpine e si sostituì al romancio in molte zone. La frattura si consolidò soprattutto tra il Quattrocento e il Cinquecento, quando, dopo il devastante incendio di Coira del 1464, giunsero nelle città e nelle valli artigiani e famiglie germanofone dal nord. Le comunità germaniche portarono competenze nella ricostruzione, nel commercio e nell’amministrazione, rafforzando l’uso del tedesco a scapito del romancio. Così, quello che era un continuum linguistico con i dialetti lombardi rimase confinato a brandelli, nei villaggi più isolati e montani, protetto dall’orografia. È in queste sacche alpine che il romancio sopravvive ancora oggi, circondato dal tedesco, ma fedele alle sue radici romanze. Oggi il romancio sopravvive in cinque varietà: Sursilvan, Sutsilvan, Surmiran, Puter, Vallader. A San Niclà, nel cuore della Bassa Engadina, si parla il Vallader, ed è proprio questa la lingua che ho incontrato sul cartello. Chasarina, una parola che profuma di casa C’è qualcosa di sorprendente, quando ci si accosta al romancio: la lingua dei Grigioni ha suoni che per un orecchio lombardo suonano subito familiari, quasi domestici, ma con una musicalità più dolce, come se le parole si lasciassero accarezzare dall’aria di valle. Alcune parole sembrano davvero simpatiche sorelle delle nostre parole, altre invece hanno preso dal latino strade inattese, eppure, per vie traverse, tornano a collegarsi al nostro lessico quotidiano, rivelando significati comuni o collegati. È in questa trama di affinità e sorprese che spunta, con tutta la sua grazia, una parola che mi ha affascinato e che vale la pena di fermarsi a contemplare: chasarina. Origine ed etimologia Base: chasa = casa, in romancio (Vallader), suono ch duro, si pronuncia come “casa” in italiano Suffisso: –ina → classico diminutivo latino e italiano, che aggiunge grazia, vicinanza, affetto. Epentesi di “r”: il passaggio da chasina a chasarina non è casuale: quella “r” di appoggio rafforza e stabilizza il suono, rendendo più armoniosa la parola. È un fenomeno che in linguistica si chiama epentesi o “rotacismo epentetico”: inserire un suono per dare equilibrio fonetico. Significato Chasarina vuol dire letteralmente “donnina di casa”, cioè domestica. Non proprio un titolo nobile, quindi, eppure la parola porta con sé un’aura gentile, quasi vezzeggiativa, come se quella funzione domestica fosse anche un ruolo “di grazia” dentro la comunità alpina. Parentele illustri Non è sola, chasarina. Ha “sorelle” nella grande famiglia romanza che mostrano lo stesso gioco tra parola base e suffisso: come in ballo → ballerina/o, ove il suffisso trasforma un gesto in una persona, dandole un’identità sociale e scenica e in dama → damerino/a, dove la figura femminile elegante che genera il maschile “piccolo” e vanitoso. Tutte queste parole hanno in comune il passaggio dalla funzione all’identità, dal luogo o gesto al ruolo. Grazia e resistenza C’è poi un valore simbolico: parole come chasarina nascono in lingue minoritarie, come il romancio, che hanno dovuto resistere secoli circondate da idiomi più forti. La grazia della parola non è debolezza, è resistenza gentile: custodire la casa, la lingua, la memoria, in mezzo alle tempeste della storia. In onore di chasarina Forse sarà anche per l’assonanza con il diffusissimo Caterina/Catarina o il richiamo nascosto del suo significato (dal nome greco antico Αἰκατερίνα (Aikaterína), “pura”, “sincera”), ma chasarina quasi ci appare una figura in grembiule, con un passo leggero, che porta ordine nella casa e armonia nella

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TRAMA OSCURA A QUARTO OGGIARO

MILANO, STORIE NELLA STORIA TRAMA OSCURA A QUARTO OGGIARO Presentazione a Villa Scheibler Sabato 15 novembre, a Quarto Oggiaro, dentro la splendida cornice di Villa Scheibler, è successa una cosa che merita di essere condivisa nei gruppi che parlano di Milano storica, curiosa, dialettale e dei nostri quartieri. Si è parlato di un giovane del nostro territorio:Renzo Novelli, partigiano gappista, protagonista della Resistenza nella zona tra Quarto Oggiaro, Vialba, Musocco, Certosa e l’Alfa Romeo.Un nome che tanti, qui, hanno sentito almeno una volta.Una storia che per anni è rimasta sospesa tra silenzi, mezze verità e ricordi di famiglia. La presentazione del libro Trama Oscura ha rimesso insieme i pezzi di questa vicenda, raccontando il famoso scontro dell’11 agosto 1945 in via Triboniano.Una pagina del dopoguerra milanese che in pochi conoscono, ma che appartiene pienamente alla storia della nostra zona. 🔹 Perché è importante?Perché finalmente sono emerse domande, documenti, testimonianze che fanno luce sulle tante versioni circolate negli anni.E perché una comunità – storici locali, ANPI, scuole, cittadini – sta riportando dignità a una storia che meritava di essere capita fino in fondo. 🔹 E c’è una buona notizia.Grazie al lavoro fatto attorno al libro e alla forte partecipazione alla serata, il Comune di Milano potrà finalmente sbloccare la posa della targa dedicata a Novelli, già realizzata da anni ma mai apposta sul luogo esatto – in via Triboniano 9, dove avvennero i fatti. Sarebbe un gesto semplice ma fondamentale:un segno fisico, nel quartiere, che racconta chi eravamo e chi siamo. 🔹 Un grazie specialea chi da anni tiene viva la memoria del nostro territorio:associazioni, divulgatori locali, insegnanti, ANPI, Quattro Punte Edizioni e tutti quelli che credono che Milano sia fatta anche di storie piccole, di voci di quartiere, di persone che non hanno mai smesso di voler capire e raccontare. Quarto Oggiaro e tutta la zona nord-ovest hanno un passato più ricco e sorprendente di quanto si pensi. Sabato ne abbiamo avuto una prova bellissima. La presentazione di Trama Oscura ha assunto i contorni di un vero momento di confronto civile. Non un semplice appuntamento culturale, ma un’occasione in cui la comunità di Quarto Oggiaro, insieme a Vialba, Musocco e Certosa, ha riportato al centro un frammento di storia locale rimasto per decenni in ombra: la vicenda del partigiano Renzo Novelli, ucciso l’11 agosto 1945 in un episodio controverso del primo dopoguerra milanese. Un territorio che la Resistenza l’ha costruita dal basso A dare avvio agli interventi è stato il presidente del Municipio 8, che ha ricordato come questa parte della città sia stata una delle culle della Resistenza operaia.Non solo per la presenza dell’Alfa Romeo e delle fabbriche della zona, ma per quel tessuto sociale – case popolari, cooperative, reti familiari – che negli anni della guerra seppe trasformarsi in una struttura di opposizione diffusa al nazifascismo. La storia del ’45 e le domande dei giovani Il moderatore Aaron Paradiso, attivo nella divulgazione storica nelle scuole del quartiere, ha richiamato l’attenzione su un nodo fondamentale: come trasmettere alle nuove generazioni la complessità della Resistenza evitando l’effetto “lapide”, cioè quella distanza emotiva che spesso si crea tra gli studenti e gli eventi storici. Paradiso ha ricordato come proprio la figura di Novelli – giovane, determinato, protagonista della Milano operaia – sia stata negli anni capace di suscitare domande e curiosità nei ragazzi, soprattutto quando il racconto si intreccia a luoghi riconoscibili del quartiere, come via Mambretti, l’osteria della stazione o il passaggio a livello che segnava l’ingresso della Muti. Il libro e la necessità di rimettere ordine Nel presentare il suo lavoro, Alberto Schiavi ha ripercorso il lungo percorso di ricerca che ha portato alla stesura del libro: dalle prime incongruenze trovate negli archivi di giornale fino ai silenzi istituzionali, passando per le testimonianze della madre di Novelli e le parole di Giovanni Pesce. Schiavi ha sottolineato come l’obiettivo non fosse quello di ricostruire una verità definitiva, ma di riaprire una vicenda troppo presto cristallizzata in una narrazione unilaterale.Un progetto che ha potuto vedere la luce grazie alla fiducia dell’editore 4 Punte, che ha riconosciuto il valore documentale e civile della ricerca offrendo lo spazio e il sostegno necessari alla pubblicazione. La lapide mai posata: una ferita ancora aperta Uno dei momenti più intensi della giornata è stato l’intervento dei rappresentanti dell’ANPI Cappettini, che da anni chiedono la posa della targa dedicata a Renzo Novelli nel luogo esatto della sua morte, in via Triboniano 9. La targa – realizzata dal Comune di Milano nel 2016 – non è mai stata apposta.Resta in deposito, mentre ogni 25 aprile la commemorazione si svolge provvisoriamente sotto un palo della luce, davanti allo stabile. La vicenda, raccontata punto per punto durante la presentazione, è diventata il simbolo di una memoria ancora incompleta.Il consigliere comunale Alessandro Giungi, presente in sala, ha raccolto l’appello e riconosciuto la necessità di chiudere finalmente l’iter, restituendo un segno concreto alla storia del quartiere. Una memoria che appartiene a tutti La giornata a Villa Scheibler ha mostrato come la memoria non sia un patrimonio statico, ma un bene che vive solo quando viene condiviso, discusso, rimesso in circolo.Tra ricercatori, insegnanti, attivisti, istituzioni e cittadini, l’incontro ha assunto i contorni di un laboratorio civico, capace di tenere insieme rigore storico e identità di territorio. Se la targa verrà davvero posata, sarà il risultato di un movimento più ampio: il desiderio di riportare la storia di Novelli alle sue strade, ai suoi luoghi, alla comunità che ancora oggi ne custodisce il ricordo.E sarà il segno tangibile di una città che non rinuncia alle sue memorie difficili, ma le affronta con responsabilità e trasparenza. www.tramaoscura1945.it

RICERCHE INCASINATE

MILANO, PAROLE MIE, PAROLE NEL MONDO RICERCHE INCASINATE ALLA RICERCA DI PAESI E DESINENZE IN -ATE Immagine da STAGNIWEB 1 – Tra Linate, Segrate e altre uscite sbagliate C’è chi, arrivando per la prima volta a Milano, non dimenticherà mai la sensazione di smarrimento sulla Tangenziale Est, con tutte quelle uscite in -ate. A chi viene da fuori, quella sfilata di suffissi uguali pare quasi un codice, una formula magica, un “marchio di fabbrica” del paesaggio. Come aperitivo, c’è l’uscita (via) Mecenate, che naturalmente non c’entra, riferendosi al noto personaggio etrusco-romano, ma che potrebbe essere interpretata – in quanto direttrice principale di un intero quartiere – come dovuta al nome di una località preesistente all’espansione urbana di Milano, parimenti alla non lontana Calvairate. Poi la tangenziale prosegue verso nord con uscite verso altri toponimi in -ate, tra i quali anche Vimercate meriterà una precisazione. In uno sketch ormai leggendario, Enrico Montesano raccontava quell’esperienza coniando, o forse evocando per magia, il neo-toponimo di Mandonnate, immaginario, ma così verosimile da sembrare già stampato su un cartello dopo quelli di Linate, Lambrate, Segrate, Carugate… (La frase originale terminava invero con un punto interrogativo: «Ma ‘ndo annate?») In quella battuta comica c’è già il punto di partenza di questo lavoro: la sorpresa linguistica di chi si accorge che un suono – -ate – domina la geografia lombarda, in particolare la provincia “grande” di Milano, quella cioè, che dal 1861, comprendeva sostanzialmente, oltre all’attuale Città Metropolitana, anche le province di: Varese (fino al 1927), Lodi (1992), Monza e Brianza (2004).  Questa concentrazione dei suffissi in-ate è anche un indizio etnolinguistico fortissimo. Il fatto che essi non compaiano a Lodi e costituiscano rarità nel Piemonte orientale, a Pavia, a Cremona e pochissimo altro, rivela che il fenomeno -ate appartiene a una fascia celtico-insubre precisa, centrata sulla vecchia provincia di Milano. 2 – Dall’Insubria al Ducato di Milano: la lunga vita del suffisso -ate Già in età preromana, il territorio compreso tra il Ticino e l’Adda costituiva il cuore della Gallia Cisalpina, abitata dai Galli Insubri. Fu qui che il suffisso celtico -ath (luogo presso l’acqua o il guado), passato nel latino –ates, indicante, come nota Rohlfs, “il luogo o coloro che abitano presso”, si radicò nella toponimia lombarda fino a sopravvivere nell’attuale –ate. Quando Roma conquistò Mediolanum nel 222 a.C., non spazzò via quella lingua, e nemmeno il nome della città, ma adottò il suffisso e lo latinizzò in una forma stabile, che sopravvive ancora oggi, e arruolò Medio-lanon, “luogo in mezzo alla pianura”, nella seconda declinazione neutra — Mediolanum — lasciandone intatto il senso celtico del nome. Ogni nome, dietro la sua apparente semplicità, conserva dunque un frammento di storia e il legame antico tra l’uomo e l’acqua, tra il villaggio e il passaggio, cui risalire attraverso una gerarchia interpretativa che parte dal livello indoeuropeo delle radici, passa per quello celtico-insubre della formazione suffissale -ath/-ates, e approda alla rifinitura amministrativa romana, che fissò in forma latina i nomi che ancora oggi usiamo.” Nel corso dei secoli, questa fascia celtico-insubre rimase straordinariamente compatta. Il Ducato di Milano, nato in età medievale, ne ereditò quasi intatti i confini, e le riforme amministrative dei secoli successivi — fino alla “Grande Provincia di Milano” del 1868 — non fecero che confermare un assetto già antico. La continuità dei nomi in -ate non fu dunque un fenomeno casuale, ma la persistenza di un’identità territoriale che né i Longobardi, né gli Spagnoli, né gli Austriaci riuscirono a cancellare. Perfino oltre il confine moderno, nel Canton Ticino, si ritrovano tracce della stessa matrice linguistica: il piccolo comune di Vernate, per esempio, ripete un nome presente anche al di qua del confine, come eco di una medesima radice insubre sopravvissuta a secoli di romanizzazione. Il suffisso -ate appare così come un marcatore etnolinguistico unico, un’eredità dei Galli Insubri che attraversa il tempo e le carte amministrative, mantenendo intatta la sua voce antica. Nelle sezioni seguenti esamineremo anche le radici di questi nomi e le altre desinenze tipiche del territorio lombardo — –asco, –ago, –ano — che dialogano con –ate come varianti di una stessa, lunghissima storia linguistica. (segue) LA MILANO ARIOSA DI 2000 E PASSA ANNI FA Luoghi milanesi con toponimi preromani Arsaga Bagg Bàlsom Baranzaa Baronna Boldinaa Bollaa Bollonna Bovisa   Brandezzaa  Bress Brovett Brusuj Bruzzan  Cagnoeura Calvairaa Carsenzagh Cormann Cusagh  Dèrghen Gambalo(eu)ita Garegnan Gentilin Gorla Grattasoeuj Grech   Lambraa Linaa Lorentegg  Lorett  Macconagh Merezaa Morivion Morseng Musocch  Ninguarda   Novaa   Noverasch Ortìga Poasch    Precott Prescentenee   Quadronn Restocch   Sagh    Scinsell Segnan Segraa Tajeed Tor  Trenn Vigentin   Zerbon (segue) Bibliografia essenziale Rohlfs, Gerhard.Romanisches Namenbuch: Herkunft und Bedeutung der romanischen Orts- und Personennamen.Heidelberg: Carl Winter Universitätsverlag, 1958.📖 Testo fondamentale per la toponomastica romanica. Il Rohlfs identifica nel suffisso –ates latino la derivazione diretta dai modelli etnici celtici (–ath / –ates), poi evoluti nei toponimi lombardi in –ate. Borghi-Cocchi di San Salvatore, Guiduchindo Yôḥânān.Sostrato paleoligure e toponimi in –ate. Saggio inedito (2025).📄 Ricerca speculativa ma ricchissima di spunti, che propone un’origine pluristratificata (paleoligure, celtica e indoeuropea) dei toponimi in –ate, con particolare attenzione all’area insubre. Pellegrini, Giovan Battista.Toponomastica italiana. Nomi di luogo, origini e significati.Milano: Hoepli, 1990 (2ª ed.).📚 Opera di riferimento per la toponimia italiana. Offre il quadro linguistico generale (latino, celtico, ligure, venetico) entro cui collocare il fenomeno lombardo dei suffissi –ate, –asco, –ano, –ago

COSI’ COMINCIA IL MALE?

STORIE NELLA STORIA COSI’ COMINCIA IL MALE? Un post scriptum a TRAMA OSCURA Alla fine, la vicenda narrata stimola una riflessione, collaterale: quanto male dobbiamo accettare per poter vivere in pace con noi stessi e con gli altri? E quanti torti restano impuniti quando la società vuole in prevalenza dimenticare? Tale riflessione poggia su tre temi: Il passaggio dal fascismo alla libertà, con tutte le ipocrisie e i compromessi. La menzogna indivuduale, privata, come metafora della menzogna storica. Il ritorno a una vita normale, la colpa, la vendetta, il perdono. Il “male” non come evento, ma come abitudine: il male ricomincia quando si smette di reagire o di resistere. La riflessione, durante la ricostruzione e la narrazione dei fatti, si intrometteva ogni tanto nella stesura del testo; e mi accorgevo che la prosa che ne scaturiva sembrava dialogare più con la mia coscienza che con il futuro lettore. Certo non la mia capacità di scrittore casuale, ma i fatti, da soli, hanno costruito una certa tensione nel racconto; ciò non solo con dei colpi di scena, ma con la sospensione del non detto. Il titolo stesso — Trama Oscura — indica un’attività tortuosa e coperta, volta al conseguimento di fini poco chiari, anzi, con quell’aggettivo, del tutto privi luce: la normalizzazione del male e della colpa taciuta dietro la rispettabilità. Può essere? Certo, “rispettabilità” è un termine che ne racchiude tante:  verso gli alleati vincitori, verso la borghesia, verso la chiesa, verso i militari, verso la propria, individuale e collettiva. Mentre negli anni Cinquanta, all’altra parte, di rispettabilità ne era riservata poca o affatto; e ricordo bene, per quanto allora bambino, di sentir talvolta parlare dei partigiani come temerari giustizieri, sì, ma purtroppo colpevoli di certe sequenze di reati comuni. Ma, lasciamo la rispettabilità per tornare al non detto, all’oscuro, alle trame, al titolo. Non conoscevo Amleto, se non per citazioni scolastiche e per quella sua fama di principe esitante. Ma é stato stato leggendo un romanzo spagnolo – Así empieza lo malo di Javier Marías, tradotto in italiano come Così comincia il male – che mi sono accorto di avere camminato per anni dentro la stessa ombra: quella di una verità conosciuta ma taciuta, di un male che non esplode, ma si deposita lentamente nella memoria degli uomini. Il titolo di Marías viene infatti da una battuta di Amleto: “Così comincia il male, e il male ancora non è finito.” È una frase terribile e limpida.Dice che il male non nasce dai delitti, ma dal silenzio che li segue e che, dal momento in cui si decide di non vedere, di non disturbare la pace con la verità. Nel romanzo di Marías il protagonista osserva, indaga, scopre le colpe nascoste sotto la facciata della Spagna franchista. Ma non denuncia, non agisce: come Amleto, rimane testimone, non giudice. E quel mondo, pur “democratico”, è ancora malato del proprio passato, come una ferita chiusa ma non curata. Quando scrivevo Trama Oscura non avevo certo in mente Shakespeare, ma sentivo lo stesso respiro. La mia indagine partiva infatti da un delitto rimosso, da una pagina scomoda del dopoguerra italiano, e si muoveva dentro un intreccio di complicità e di oblii. Fino a scoprire, alla fine, che la mistificazione, la trama, prosegue fino ai giorni nostri, consapevolmente o meno non importa, arrivando all’inverosimile, quando, dopo ottant’anni di democrazia, si persevera nella menzogna individuale e collettiva e nel voler piegare la Storia a quel male. La “trama oscura” è appunto questo: il tessuto di silenzi e convenienze che lega i vivi ai morti, i colpevoli agli innocenti, la verità alla paura. Non serve conoscere Amleto per riconoscere quella notte dell’anima: basta vivere in un Paese che ha scelto di dimenticare e ancor oggi di mentire a sè stesso. E forse il male di cui parla Marías, quello che comincia e non finisce, è proprio questo.Non l’omicidio, ma la pacificazione troppo rapida; non il sangue, ma la menzogna normalizzatrice. In fondo, ogni epoca ha la sua trama oscura: quel reticolo invisibile in cui la verità rimane impigliata. Il compito di chi scrive, e forse anche di chi ricorda, è soltanto questo: illuminare la strada della Storia, anche con il contributo di una piccola luce.

ORSI ROMANCI

STORIELLE ORSI ROMANCI Un cartello “milanese” a San Niclà e una lingua neolatina che resiste tra le valli svizzere La suddivisione linguistica dei Grigioni Dialetti, Grigioni, Linguistica, MIlano, orsi, Svizzera Il Cantone dei Grigioni Introduzione Il 30 maggio scorso, in viaggio verso Monaco di Baviera, ci siamo fermati per un picnic in Bassa Engadina, nel Cantone dei Grigioni. Paesaggio alpino da cartolina: prati pieni di verde, una strada bianca che si perde nel bosco, il fiume Inn che scorre rumoroso, le cime più alte ancora imbiancate. A bordo strada, un cartello: “exclus trafic agricul e forestal”. Lo guardo, lo leggo ad alta voce e sorrido, sembra quasi … milanese o un altro dialetto lombardo occidentale! Un cartello a 250 km da Milano che sembra parlarmi nella mia lingua. Poi scatto una foto ricordo e ci rimugino su un po’ e scatta la curiosità, oltre il limite delle nozioni linguistiche sulle lingue retoromanze, sulle minoranze linguistiche svizzere, eccetera… Finito lo spuntino, ci avviciniamo al contenitore dei rifiuti ed ecco un avviso bilingue, in tedesco e poi sempre in quell’altro comprensibilissimo linguaggio: si intuisce la traduzione di “Non lasciare cibo all’aperto – Presenza di orsi”. Non ricordo esattamente le parole originali, ma, con una successiva ritraduzione ricostruisco all’incirca questa scritta: “Na laschai betg viver al liber – Ils urs èn qua”, “Gli orsi sono qua”! Qualche giorno dopo, controllo i dati dello scatto: San Niclà, Strada, Val Müstair. Una rapida ricerca e la risposta sulla lingua è chiara ed univoca: trattavasi di romancio. Rumantsch: una lingua circondata Ma, cosa c’è dietro a questa sopravvivenza linguistica in questa valle lontana? Quali vicende storiche hanno permesso a un frammento di latino di resistere nei secoli, quasi invisibile, fino a comparire – oggi – in un cartello stradale che sembra parlarmi nella mia lingua? Il romancio è una lingua neolatina, sorella dell’italiano, delle altre lingue neolatine e dei dialetti lombardi. È l’erede diretto del parlare e dello scrivere portato dai Romani oltre le Alpi, collocatosi sui preesistenti substrati celtici e retici, come in gran parte dell’Italia settentrionale. Non è un “dialetto”, ma una lingua, riconosciuta come lingua nazionale svizzera nel 1938 (referendum del 20 febbraio, ratificato il 29 febbraio, con oltre il 90% dei voti favorevoli). Nel 1996 ottenne anche lo status di lingua ufficiale parziale: lo Stato confederale risponde in romancio ai cittadini che scrivono in romancio. Il romancio resiste oggi come una piccola isola linguistica nelle Alpi grigionesi, parlato da meno dell’1% degli svizzeri. Ma un tempo non era un’isola: era parte di un continuum di parlate romanze che univa i Grigioni alle valli e alle pianure lombarde, un grande arcipelago di dialetti discendenti dal latino. Questa continuità si è spezzata nei secoli: il tedesco avanzò nelle valli alpine e si sostituì al romancio in molte zone. La frattura si consolidò soprattutto tra il Quattrocento e il Cinquecento, quando, dopo il devastante incendio di Coira del 1464, giunsero nelle città e nelle valli artigiani e famiglie germanofone dal nord. Le comunità germaniche portarono competenze nella ricostruzione, nel commercio e nell’amministrazione, rafforzando l’uso del tedesco a scapito del romancio. Così, quello che era un continuum linguistico con i dialetti lombardi rimase confinato a brandelli, nei villaggi più isolati e montani, protetto dall’orografia. È in queste sacche alpine che il romancio sopravvive ancora oggi, circondato dal tedesco, ma fedele alle sue radici romanze. Oggi il romancio sopravvive in cinque varietà: Sursilvan, Sutsilvan, Surmiran, Puter, Vallader. A San Niclà, nel cuore della Bassa Engadina, si parla il Vallader, ed è proprio questa la lingua che ho incontrato sul cartello. Chasarina, una parola che profuma di casa C’è qualcosa di sorprendente, quando ci si accosta al romancio: la lingua dei Grigioni ha suoni che per un orecchio lombardo suonano subito familiari, quasi domestici, ma con una musicalità più dolce, come se le parole si lasciassero accarezzare dall’aria di valle. Alcune parole sembrano davvero simpatiche sorelle delle nostre parole, altre invece hanno preso dal latino strade inattese, eppure, per vie traverse, tornano a collegarsi al nostro lessico quotidiano, rivelando significati comuni o collegati. È in questa trama di affinità e sorprese che spunta, con tutta la sua grazia, una parola che mi ha affascinato e che vale la pena di fermarsi a contemplare: chasarina. Origine ed etimologia Base: chasa = casa, in romancio (Vallader), suono ch duro, si pronuncia come “casa” in italiano Suffisso: –ina → classico diminutivo latino e italiano, che aggiunge grazia, vicinanza, affetto. Epentesi di “r”: il passaggio da chasina a chasarina non è casuale: quella “r” di appoggio rafforza e stabilizza il suono, rendendo più armoniosa la parola. È un fenomeno che in linguistica si chiama epentesi o “rotacismo epentetico”: inserire un suono per dare equilibrio fonetico. Significato Chasarina vuol dire letteralmente “donnina di casa”, cioè domestica. Non proprio un titolo nobile, quindi, eppure la parola porta con sé un’aura gentile, quasi vezzeggiativa, come se quella funzione domestica fosse anche un ruolo “di grazia” dentro la comunità alpina. Parentele illustri Non è sola, chasarina. Ha “sorelle” nella grande famiglia romanza che mostrano lo stesso gioco tra parola base e suffisso: come in ballo → ballerina/o, ove il suffisso trasforma un gesto in una persona, dandole un’identità sociale e scenica e in dama → damerino/a, dove la figura femminile elegante che genera il maschile “piccolo” e vanitoso. Tutte queste parole hanno in comune il passaggio dalla funzione all’identità, dal luogo o gesto al ruolo. Grazia e resistenza C’è poi un valore simbolico: parole come chasarina nascono in lingue minoritarie, come il romancio, che hanno dovuto resistere secoli circondate da idiomi più forti. La grazia della parola non è debolezza, è resistenza gentile: custodire la casa, la lingua, la memoria, in mezzo alle tempeste della storia. In onore di chasarina Forse sarà anche per l’assonanza con il diffusissimo Caterina/Catarina o il richiamo nascosto del suo significato (dal nome greco antico Αἰκατερίνα (Aikaterína), “pura”, “sincera”), ma chasarina quasi ci appare una figura in grembiule, con un passo leggero, che porta ordine nella casa e armonia nella

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