I DIARI DI DANTE

QUADERNO I
Periodo narrato compreso tra il gennaio 1916 e l’agosto 1940

Avvertenze

Il testo dei Diari è affiancato a da contenuti e immagini di contesto e complemento (“riferimenti”). In particolare, sono riportati ampi stralci di due testimonianze “speciali”, lasciateci da due persone che hanno condiviso da vicino con il papà quelle tragiche vicende e che ne hanno voluto, come il papà, lasciarne testimonianza e ricordo: sono quelle del tenente Sergio Quaglino e del bersagliere Luciano Scalone. Il primo ha scritto un libro di qualificata valenza memorialistica e storica, descrivendo fatti, luoghi e persone in un perfetto equilibrio tra il mito patriottico, la passione determinata dagli eventi e il succedersi di questi nel loro contesto storico-militare. Il secondo, un semplice ragazzo del Sud gettato nella tragedia,  ha sentito il bisogno e realizzato il forte desiderio di raccontarne la sua partecipazione ad essa, con sincerità di sentimento e semplicità di linguaggio.

La ricerca prima e la disponibilità poi di tali elementi di riferimento storico-fattuale ha reso l’attività di trascrizione dei Diari  ancora più emozionante ed ha conferito ad essi un più consistente valore memorialistico, attraverso confronti, chiarimenti e contestualizzazioni di fatti, luoghi e circostanze, oltre ad aver dato spunto ad inaspettati approfodimenti e consentito sorprendenti scoperte storiche, che altrimenti sarebbero andate perse. Almeno per me.
Su PC e tablet, il testo del diario e il contenuto delle colonne a lato sono visibili affiancate, per quanto possibile cronologicamente, mentre su smartphone, i “riferimenti” appaiono alla fine di ciascun blocco contenitore.

[NdT] indica una “Nota di Trascrizione” inserita direttamente nel testo.
Il testo di Quaglino è su sfondo verde, quello di Scaglione su sfondo giallo.

Capitolo 2 - Permanente a Torino (1937-1938)

IL RACCONTO

6 ottobre 1937: alle quattro si parte e alle dieci siamo a Torino, sotto una pioggia a più non posso: la naja iniziò proprio sotto una bella inzuppata e con la maniglia della valigia che mi si stacca proprio davanti al portone della Caserma La Marmora. Ci portano all’ottava compagnia e quella prima notte fu tranquilla. Sentiamo suonare la tromba della sveglia e, sempre in compagnia degli amici Maggiorino e Italo, scendiamo per l’adunata. Maggiorino e Italo rimangono all’ottava compagnia, mentre Dante viene inviato alla quinta, dove all’inizio si trova un po’ spaesato, ma subito trova tre camerati che abitano nei dintorni di Stradella. Nel pomeriggio ci fu la vestizione e la divisa sostituì gli abiti borghesi che finirono nella valigia. Appena vestito, ci fu il taglio a zero e addio capelli lunghi. Il terzo giorno la recluta poté andare in libera uscita con altri compagni e fu una bella serata. 

Dopo oltre un mese, il 6 novembre, il bersagliere ebbe un permesso per tornare a casa a rivedere le sorelle e a mettere la lapide al povero papà. Finito il permesso, Dante rientrava in caserma: al mattino istruzione, al pomeriggio ginnastica, corsa, sempre in movimento. Già qualche foto da bersagliere si faceva e la si inviava alla sorella. Di tanto in tanto Dante inviava qualche scritto anche all’amica Tina. Giunsero le feste natalizie, per le quali Dante riusciva ad avere quattro giorni di permesso, durante i quali si fidanzò con Tina. Poi si ritornò a Torino.

Alla domenica si passava da un ballo all’altro, con la passione per il ballo che sempre più aumentava. Ma la recluta, diverse volte non si prendeva il coraggio di entrare al cinema o in altri posti, se le tasche non lo permettevano: allora si andava dalla Gina a prendersi il latte e caffè o qualcosa d’altro. Così giunse il carnevale del 27 febbraio 1938 e Dante riusciva ad avere il permesso di tornare dalla Tina. Fece il viaggio con l’amico Carlo, di Redavalle, e, data l’occasione, si fermò in quel paese con l’amico a ballare per tutta la notte, durante la quale incontrò l’amica Iside, dalla quale diverse volte ebbe notizie. Felice fu il momento in cui la Tina mi vide.

Dopo pochi giorni, Dante passava alla sesta compagnia, prendendo i grandi da caporale, con attività e istruzione sempre in abbondanza. Nei primi di aprile il caporale passava alla terza compagnia, dovendosi formare il XXVI battaglione: nella compagnia lo seguiva l’amico Gorini di Casteggio, che era attendente del capitano Catalano, comandante della compagnia. Presto giunsero le reclute e Dante prendeva il comando della terza squadra e dopo pochi giorni, a causa della continua istruzione, si trovava senza voce. Dante ne parla al sottotenente Zelaschi, che lo mandò a fare un turno di quindici giorni di guardia ad Orbassano, ove Dante conobbe una famiglia, che aiutò nei lavori in campagna: sembrava di essere in licenza.

Tornato a Torino, mi accorsi che con le reclute ormai non c’era più da sgolarsi. Nel reggimento fu possibile formare anche la seconda compagnia, alla quale Dante fu assegnato, sotto il comando del tenente Caruso. C’era la possibilità di avere nuove licenze, così Dante si fece coraggio e il 9 maggio si presentava dal comandante chiedendogli la licenza: l’11 maggio Dante tornava a casa con la sua licenza di 10 + 2. Subito la prima sera, senza che la Tina mi aspettasse, andai a trovarla, passando la sera con lei. Poi però più volte Dante si fermava a ballare al Cicasco, dove c’erano diverse amiche: Nilde, Giuseppina, Maria e altre…

La licenza finì e, tornato a Torino, Dante passava ancora alla terza compagnia, prendendosi ancora il comando della sua squadra, perché non riuscivano a formare la seconda. Per diversi giorni si andava a Piossasco a fare i tiri e si tornava stanchi: erano tanti i chilometri che si facevano e con quelle biciclette non c’era da fare il galletto. Una volta, il maggiore Benso, comandante del battaglione, mi mandò con gli zappatori a dettare i punti: Dante tornava alla sera senza voce e per diversi giorni rimaneva con poca voce. Di tanto in tanto il caporale andava in Val Salice a ballare e, incominciando ad essere ormai anziano, si era già fatto alcune amiche, come la Rosetta e la Giuditta.

Giunse il giorno della partenza per il campo. La sera della partenza Dante era di servizio come caporale di giornata, ma ebbe lo stesso il coraggio di chiedere un permesso al sottotenente Pasciutti, comandante del plotone: così rimase in tela e poi se ne andava ai Goffi a ballare, già d’accordo con la Rosetta che lo aspettava. La serata fu bellissima. Alle undici Dante salutava l’amica e ritornava tutto contento in caserma, dove, coi piantoni, andava in cucina a prendere il caffè, ma abbuffandosi anche di altro, prima di andare a dormire.

Sono le dodici del 16 luglio 1938 e per il XXVI battaglione incomincia il campo. Si esce dalla caserma di via Asti e, girando verso lo stradone Torino-Milano, si prende la strada per Biella. Tuoni e lampi a più non posso nella notte buia e si pedalava tutti silenziosi; dopo pochissimi chilometri si mise a piovere talmente forte che la divisa che indossavamo, già bella pulita, si lavò di nuovo per bene.  Nel farsi giorno il battaglione era al posto di accantonamento, vicino al Cappellificio di Biella. Subito l’indomani si incominciò a fare manovre, marce e tiri sul Monte Cucco: si lavorava, si mangiava e i quindici giorni previsti volavano in fretta. La seconda domenica era la festa di Borgomanero, il paese dove noi di solito andavamo a passeggiare in libera uscita: tutti i bersaglieri erano al ballo e c’era una piena tale che proprio non si poteva ballare.

I quindici giorni finirono e dovevamo spostarci a Gozzano, dove era previsto l’altro periodo di campo. Finita la gara tra le compagnie del battaglione, il capitano Catalano era tutto arrabbiato perché era convinto e sperava che la nostra compagnia avesse vinto, mentre invece vinse la prima.

Il mattino del 1° agosto si partiva per Gozzano: eravamo giunti a metà del campo. A Gozzano eravamo acquartierati nelle scuole elementari. Anche in quel paese si andava spesso a ballare e intanto Dante e Rosetta, che sempre si scrivevano, attendevano la fine del campo. Negli ultimi tre giorni si fecero le marce di trasferimento e la sera del 12 agosto, con la nostra solita fretta da bersaglieri, si faceva ritorno a Torino. Come alla partenza, il trasferimento si svolse sotto un acquazzone, che, per sempre, ci avrebbe ricordato la fine del campo

Siamo al bello: qua si incomincia a parlare di congedo. La mattina dedicata alla pulizia delle biciclette e la sera si va a trovare Rosetta, contenta del suo ritorno dal campo, anche se già sapeva che potevano essere quelle le ultime sere da poter passare in compagnia di Dante. Passarono il venerdì e il sabato sera, di capo posto, e l’indomani, domenica 15 agosto ci sarebbe stata la bella festa di Stradella. Viene il cambio della guardia, ci laviamo perbene e poi a ballare. Si ritorna, ma non si può entrare dalla porta principale, perché un bersagliere della settima compagnia si è buttato dalla finestra[1], morendo sul colpo, ed il suo corpo si trova sotto un lenzuolo davanti all’ingresso della caserma. Il mattino del lunedì il poveretto fu poi portato nella camera mortuaria. Quei giorni non passavano più. Sull’ordine del giorno della domenica c’erano scritti un bel numero di nomi. Alle undici fu consumato il rancio e dopo ci fu la prima adunata per i congedati: tutti a gridare come pazzi. Nel pomeriggio Dante versò il corredo e andò a vedere l’ordine del giorno: tanti nomi, ma Dante non c’era. Suona la libera uscita e Dante esce indossando la divisa fuori ordinanza, che l’amico Gorini gli aveva regalato, di tela bella pulita e con i bottoni brillanti. Poi ci fu la seconda adunata dei congedati: bei momenti, ma sospiri lunghissimi. Esce l’ordine del giorno e il caporale Schiavi Dante è inserito in congedo “in data 18 del mese corrente”. Non ci fu più modo di stare fermi. Alla sera me ne vado a salutare la Rosetta e la Giuditta, che mi danno il loro indirizzo: signora Rosetta Giulini, via Bortolotti n° 17, Torino e signora Giuditta Medina, via Toselli n° 2, Torino.

Note

[1] – Morte in caserma – Al ritorno dalla libera uscita Dante apprende di un suicidio. Che fosse un problema già allora (nonnismo, ecc.)?

IL RACCONTO
RIFERIMENTI
Dante nella casema di via Asti in divisa da libera uscita. Il gruppo ha la consistenza di una squadra ed al centro è presente un ufficiale (tenente o sottotenente)
Qui Dante con la sua squadra è alle prese con il rancio. Siamo sempre nella caserma del 4° bersaglieri, durante lo svolgimento del servizio di leva (1937-38).
1938

Anschluss
Leggi contro gli Ebrei in Italia
Accordi di Monaco

Il Cicasco nel 1929. La balera era nota in tutto l'Oltrepò e molto frequentata. Sullo sfondo è visibile l'inconfondibile torre-campanile.
Il Cicasco nel 1932: è stato costruito un terrazzo molto bello. La struttura ha anche finalità termali. La torre è pefettamente visibile attraverso il primo finestrone in alto
Il dancing nel 1939. Il locale fu attivo fino agli anni 50.

1° settembre 1939

Dante, le amche, gli amici e i parenti avranno saputo dell’attacco alla Polonia e del conseguente inizio della guerra. Ma l’avranno immaginato come un fatto lontano, frutto inevitabile dei tempi. La vita a Stradella continua, al Cicasco si balla ancora, presto inizia la vendemmia… Ma gli elenchi dei richiamati evidentemente erano già pronti e solo due giorni dopo, il 3 settembre, domenica, arriva la cartolina di richiamo alle armi. Così Dante, di lì a pochi giorni, partirà da Stradella per indossare di nuovo la divisa grigioverde. Vi farà il definitivo ritorno solo il 30 agosto 1945.

Dante sotto le armi: le date

  • 6 ottobre 1937 – 18 agosto 1938: Servizio permanente al  4° rgt bersaglieri (Torino)
  • 5 settembre 1939 – 9 giugno 1940: Richiamo come istruttore al 4° rgt bersaglieri (Torino)
  • 10 giugno 1940 – 10 settembre 1943: campagne di guerra (Francia-Grecia-ex Jugoslavia)
  • 11 settembre 1943 -1 maggio 1945: progionia (IMI) in Germania (Witzendorf)
  • 2 maggio 1945 – Liberazione da parte di truppe inglesi
  • 30 agosto 1945: rimpatrio

La caserma “La Marmora”di Torino

Dal 1921 al 1943 ha ospitato il 4° reggimento bersaglieri ciclisti.
Svuotata dei suoi bersaglieri in giro a morire per il mondo, dopo l’8 settembre 1943 la caserma divenne il quartier generale dell’Ufficio politico investigativo (Upi) della Guardia nazionale repubblicana, incaricato di reprimere con ogni mezzo (rastrellamento, cattura, tortura, fucilazione, deportazione) la lotta clandestina in città e in provincia.
La caserma venne quindi trasformata in luogo di detenzione e di tortura per tutti coloro sospettati di connivenza con la resistenza. Alla liberazione, il comandante partigiano Livio Scaglione scrisse: “Occupammo la caserma di via Asti nella notte tra il 27 e il 28 aprile e vi trovammo prigionieri morti e altri stremati dalla fame e distrutti dalle torture” (da “Le pietre della libertà”) e restò fortemente impressionato davanti alle sale dei sotterranei a queste adibite.
Nel 1962 il Comando della divisione Cremona pore una lapide nel fossato dove avvenivano le fucilazioni: “Qui caddero / i valorosi patrioti torinesi / martiri della resistenza / 1943-1945”. Presso questa lapide, ogni anno, in prossimità della ricorrenza del 25 aprile, si celebra la commemorazione dei caduti. (Torinostoria) 

La caserma del 4° Rgt (https://www.ebay.it/)
Il Ristorante Goffi al giorno d'oggi ma con ancora le fattezze dei tempi di Dante a Torino. Dal cancelletto si poteva probabilmente accedere direttamente alla sala da ballo.
Il Ristorante Goffi era sulla riva del Po (cerchio giallo), abbastanza vicino alla caserma (cerchio rosso).
Lo stemma del XXVI Battaglione Bersaglieri
Il locale da ballo in Val Salice oggi (Garden Dancing). Scopriamo più avanti trattavasi del Passatempo.
La casa di Rosetta.
La casa di Giuditta.

Immagini di Stradella

Se non diversamente indicato, le immagini di Stradella sono tratte dalla galleria “C’era una volta Stradella”, di Francesco Gola.