Avvertenze
Il testo dei Diari è affiancato a da contenuti e immagini di contesto e complemento (“riferimenti”). In particolare, sono riportati ampi stralci di due testimonianze “speciali”, lasciateci da due persone che hanno condiviso da vicino con il papà quelle tragiche vicende e che ne hanno voluto, come il papà, lasciarne testimonianza e ricordo: sono quelle del tenente Sergio Quaglino e del bersagliere Luciano Scalone. Il primo ha scritto un libro di qualificata valenza memorialistica e storica, descrivendo fatti, luoghi e persone in un perfetto equilibrio tra il mito patriottico, la passione determinata dagli eventi e il succedersi di questi nel loro contesto storico-militare. Il secondo, un semplice ragazzo del Sud gettato nella tragedia, ha sentito il bisogno e realizzato il forte desiderio di raccontarne la sua partecipazione ad essa, con sincerità di sentimento e semplicità di linguaggio.
La ricerca prima e la disponibilità poi di tali elementi di riferimento storico-fattuale ha reso l’attività di trascrizione dei Diari ancora più emozionante ed ha conferito ad essi un più consistente valore memorialistico, attraverso confronti, chiarimenti e contestualizzazioni di fatti, luoghi e circostanze, oltre ad aver dato spunto ad inaspettati approfodimenti e consentito sorprendenti scoperte storiche, che altrimenti sarebbero andate perse. Almeno per me.
Su PC e tablet, il testo del diario e il contenuto delle colonne a lato sono visibili affiancate, per quanto possibile cronologicamente, mentre su smartphone, i “riferimenti” appaiono alla fine di ciascun blocco contenitore.
[NdT] indica una “Nota di Trascrizione” inserita direttamente nel testo.
Il testo di Quaglino è su sfondo verde, quello di Scaglione su sfondo giallo.
Nei Diari
Il Racconto
All’alba del 30 gennaio 1916, i primi respiri del piccolo Dante furono nella casa di Cascina Torretto, nel comune di Arena Po. Mentre il piccolo cresceva in ottima salute sotto lo sguardo della mamma e del papà, all’età di nove mesi, sfortunatamente, si trovava in braccio alla mamma sulla porta della casa, quando un colpo di vento faceva sbattere forte la finestra della stanza da letto e Dante veniva ferito dai vetri rotti sopra l’orecchio destro, portandone il segno per tutta la vita. In breve tempo il piccolo guariva senza sofferenza. Il primo viaggio, l’11 novembre, San Martino, quando il papà prese in mezzadria il terreno della signora Salvadio e si traslocò portando la poca roba di casa nella nuova abitazione di Santa Maria, nel comune di Stradella.
Dante, all’età di anni due, la sorella Rosa di cinque, la piccola Luisa di mesi otto e la cara mamma finirono tutti a letto ammalati di spagnola nel gennaio del 1918: la mamma morì e il papà aspettò che i tre orfanelli guarissero. La povera nonna Amalia ci fece da vera mamma fino ai miei 19 anni, sebbene già madre di nove figli, compreso il papà Cesare. Giunto all’età della scuola, Dante, studiava con tutta la sua volontà ed anzi al giovedì piangeva perché la nonna non lo lasciava andare a scuola.
Prima degli esami della terza classe mi infortunai ad un piede, ma, per poter fare comunque gli esami, mi feci portare a scuola dal papà e fui promosso. All’occorrenza il papà già mi prendeva con sé per aiutarlo in qualche lavoretto nelle mie possibilità. Io, birichino, diverse volte mi rifiutavo e piagnucolavo perché volevo rimanere a casa per giocare con i miei amici. La scuola della quarta classe è a Stradella città, non più a Casa Massimini, dove avevo frequentato le prime tre classi. Siamo nell’anno 1926 e l’11 novembre si traslocava a Torre Sacchetti, in quanto il papà si era accordato per lavorare con il signor Busoni Luigi, che aveva un cavallo di nome Pino, che diventò la mia passione e sul quale mi fu concesso di poter salire con enorme gioia, anche se con ciò incominciavo a perdere la voglia di studiare. Comunque, in quarta e in quinta fui promosso con l’insegnante Barassi Evelina, mentre in sesta classe la maestra era la signora Gola Maria. Adesso la scuola era tornata mista come la prima, seconda e terza, ma, all’età di anni 12, oltre a studiare, si incominciava anche a scherzare con le amiche di scuola.
Nell’estate 1929 al papà si unirono i tre zii Camillo, Osvaldo e Amedeo per prendere a mezzadria la Cascina Novo, in comune di Arena Po, di proprietà del cavalier Locatelli Giovanni. Dante terminò le sue scuole elementari con i voti di studio discretamente belli, mentre si divertiva con gli amici Ernesto, Orlando e Domenico. Si andava sulla strada della Rocca a giocare alle bocce con i sassi migliori che si potevano trovare; pur sapendo che erano cose non belle, lo facemmo parecchie volte, specialmente quando la maestra non ci dava compiti da fare o lezioni da studiare. Venne la promozione e dopo pochi giorni, Dante veniva preso con lo zio Camillo ad incominciare i lavori alla Cascina Novo, anche se il dover lavorare il lasciare gli amici in vacanza non mi pareva tanto giusto. La strada per andare al lavoro era lunga, ma Dante non sapeva ancora andare in bicicletta ed a piedi ci si stancava molto. Al sabato sera era molto bello perché andavo a casa a rivedere la nonna, il papà e le sorelle Rosa e Luisa. Alla fine dell’estate la sorella Rosa lasciava la famiglia per andare a lavorare dal signor Nagel a Stradella. Tra gli amici coi quali si giocava, si incominciava a vedere anche qualche ragazza: Dante aveva trovato in Elena l’amica preferita con la quale tante volte preferiva e desiderava divertirsi. Alla Cascina Novo abitavano Gino, figlio del mezzadro già lì abitante e sua sorella Gina, mentre di tanto in tanto veniva anche il cugino Gino, figlio dello zio Camillo. C’era tanto da lavorare, ma non mancava il divertimento: con i nostri risparmi riuscimmo a procurarci un carrettino, con il quale, su di una bella discesa che c’era dietro alla cascina, noi quattro ne combinammo di tutti i colori. Nel cortile c’erano sempre biciclette e a mezzogiorno Dante ne prendeva una e scappava sul viale bel diritto e pianeggiante con una gran passione di imparare ad andare in bicicletta. Ogni tanto lo zio Camillo mi sgridava, ma tutti giorni se ne commetteva una nuova, fino a quando non ebbi il coraggio di chiedere allo zio di procurarmi una bicicletta con la quale poter andare a casa, pur con tutto il via vai che c’era sulla via Emilia.
Il nuovo trasloco avvenne l’11 novembre del ’29: si carica la roba, si salutano gli amici e l’amica Elena e si lascia Torre Sacchetti: la famiglia si ricompone e si ritrova in un bel numero di persone, con cugini e cugine. Tra uno scherzo e l’altro, il lavoro non mancava. Il cugino Carlino, fratello del Gino, ben superiore d’età, mi comprò i piccioni e i conigli, e così il lavoro aumentava sempre più: c’erano da fare le cassette dei piccioni, le gabbie per i conigli e anche un casino da costruire dietro il forno, con calce e cemento che ci si procurava dai muratori. A Dante venne il coraggio di chiedere al babbo di comprargli la bicicletta, dopo essersi più volte lamentato di dover andare a piedi da una parte all’altra e specialmente dallo zio Amedeo: chiederla sempre in prestito del resto era antipatico, anche perché, di tanto in tanto, c’era qualche caduta: mi ricordo quando una volta, sulla discesa di Bosnasco, feci un bel volo procurandomi una bella ferita al ginocchio sinistro, ma per la bicicletta non ci fu nessun danno.
Il giovanotto ormai portava i pantaloni lunghi, aveva il vestito blu a doppio petto e giocava da portiere nella squadra di calcio di Bosnasco, mentre i prezzi erano tutti in aumento. Dai e dai, il bel giorno del 30 agosto 1930, era domenica ed era il compleanno della sorella Rosa, Dante andava finalmente a Stradella con papà Cesare a comperare la bicicletta da Rogledi: se ne tornò a casa con una Wolsit[1], pagata la somma di lire 326, con la garanzia di anni tre. Il papà vuole subito imparare ad andare in bicicletta, come d’accordo prima di comprarla: così alla sera, dopo cena, il papà iniziava ad andare in bicicletta sullo stradone, con l’aiuto del cugino Carlo e dello zio Amedeo. Prima dell’autunno il papà avrebbe imparato ad andare in bicicletta. Dal signor Locatelli lavoravano due signorine: l’Angela e la Maria. Alla sera ci si trovava la maggior parte dallo zio Amedeo, si facevano i basturnoni[2] e i baiocchi, si giocava a pepa tencia e si scherzava. Incominciavano a piacermi i baci dell’Angela e della Maria: più di una volta m’han mandato fuori di casa per baciare l’Angela. Al Cardazzo c’era un salone dove si ballava e alla domenica ci andavo, ma solo a vedere, perché di ballare non ero capace. C’era spesso da bisticciare col papà perché anche lui aveva il diritto di andare con la bicicletta a trovare la sorella o il fratello, che non desideravano altro. Con la Gina c’era già una certa amicizia ed era nostro desiderio di stare assieme il più che si poteva. Con i soldi che prendevamo vendendo i piccioni si compravano la brillantina, il profumo e le caramelle. Alla domenica si andava nel Rile a prendere i gamberi per il signor Locatelli, che sempre mi dava la mancia.
La sera del 18 agosto 1931, trovandomi accanto al fuoco in casa del cugino Gino, scherzavamo, ma nell’angolo c’era un falcetto e il cugino si tagliava gravemente ad un piede; la zia Lidia non sapeva più cosa fare: il sangue usciva a grande forza e nessun altro era in casa, così il cugino veniva medicato e portato a letto. L’indomani mattina lo zio Camillo riprendeva la zia perché la sera non l’aveva avvertito; comunque, in due settimane, il cugino si sarebbe perfettamente ripreso.
Siamo in un giorno piovoso del mese di novembre 1931 e lo zio Camillo e il papà si trovano al mulino. Dante prende con sé il piccolo cugino Luigi, figlio dello zio Amedeo e sale sul noce che c’era nella corte: Luigi stava sotto e, a mano a mano che Dante faceva cadere una noce, Luigi la prendeva e se la metteva nel berretto. Il berretto era quasi pieno che arriva il Nildo, il figlio del droghiere, che portava la spesa al signor Locatelli: per scherzo il giovane fingeva di rubare le noci al piccolo Luigi, ma Dante, mentre incoraggiava il piccolo cugino a non farsele prendere, si allontanò un tantino dal ramo dove stava aggrappato e scivolò dal ramo, cadendo sulla strada. Dante fu preso dallo zio Amedeo e dal fattore Giovanni e trasportato all’Ospedale di Arena Po. Dante si lamentava per il dolore e quella notte dormì male, ma non voleva restare in ospedale. L’indomani Dante si rimetteva con i suoi sensi al posto giusto e avrebbe voluto scappare dall’ospedale, in quanto non aveva ferite o ammaccature, ma fu trattenuto per ben cinque giorni. Il dottore continuava a prendere in giro Dante chiedendogli se le noci erano buone, Dante s’arrabbiava un pochino ma i cinque giorni furono presto passati.
Passò l’inverno, Dante si accordava per lavorare dal signor Bailo Giovanni di San Cipriano Po, in quanto la famiglia si era divisa e ciascuno aveva preso una strada diversa, mentre la sorella Luisa aiutava la nonna Amalia. Dante aveva sì un lavoro faticoso, ma stava meglio che a casa sua, avendo poi tutte le domeniche la possibilità con la sua bicicletta di andare a trovare il papà e gli altri parenti: alla sera arrivava lo zio Luigi e così si poteva passare qualche ora insieme. Per il 1932 il papà Cesare si prendeva a mezzadria la metà del signor Riccardi Nicola, abitante in via Bovio a Stradella: a novembre, finito l’accordo col signor Bailo, Dante si riunì di nuovo col papà presso il signor Riccardi. Dante era molto contento di trovarsi a Stradella, con tutti i divertimenti a disposizione e specialmente il ballo, per il quale aveva una grande passione, dopo aver imparato a ballare.
Siamo nell’anno 1934 e giunse il corso dei premilitari con l’obbligo del sabato fascista[3] ma, una volta per una scusa, una volta per un’altra, parecchie volte si rimaneva a fare i propri lavori di campagna. Siamo alla metà di maggio e il papà Cesare viene ricoverato all’ospedale di Stradella, mentre Dante è alle prese con la mietitura e tanti altri lavori da fare e con la sorella Luisa che lo aiuta come può, mentre la nonna, povera vecchia, cura la casa. Il papà ritorna a casa in tempo per la vendemmia, ma la nonna comincia a lamentarsi del mal di gola: alla fine di novembre dal dottore veniamo a sapere che ha un tumore alla gola che già non le consente più di nutrirsi liberamente. All’alba del 31 dicembre 1934 la nonna morì e subito furono avvertiti il figlio Raffaele, frate, e tutti gli altri parenti. Il funerale si tenne il 1° gennaio 1935, in una giornata che sembrava d’estate, e la salma fu portata nel cimitero di Stradella.
Nella primavera i lavori da fare aumentarono e il papà chiese aiuto a sua figlia Rosa, che così si riuniva ancora a noi. Ma il suo titolare, il signor Nino Nagel, sembrava di essere rimasto con un braccio solo e ne reclamava il ritorno alle sue dipendenze, mentre, in campagna, più si lavorava e più c’erano lamentele, tanto che il papà e Dante decisero infine di lasciare la mezzadria, consentendo alla sorella Rosa di riaccordarsi col signor Nagel.
Passa il 1935: il papà affittò una casa in via Valle Badia e Dante andò a lavorare alla Distilleria Guasconi. Dante, con la sua volontà e il suo lavoro risparmiava il più che poteva, in modo da farsi una scorta prima del servizio militare.
Il giorno della visita fu il 18 settembre 1936: Dante risultò abile e fu fatta una festa con otto coscritti, all’onore del pubblico. Il papà aveva già preso in affitto un’altra casa in via Vescola, dove abitava prima sua sorella Adalgisa, e noi, l’11 novembre, si traslocava lì. Dopo qualche tempo, però, per il dolore dei tre figli, il papà veniva per la seconda volta ricoverato all’ospedale, dove spirò alle due del giorno 27 gennaio 1937, lasciando i tre figli orfani. Subito furono avvisati suo fratello, lo zio frate, e la figlia Rosa, che si trovava a Milano, e il giorno dopo fu fatto il funerale. Luisa e Dante si trovarono soli nella loro casetta e con forza di volontà continuarono ad impegnarsi nel lavoro, Dante da Guasconi, Luisa da Bordoni.
E così arrivò il giorno 27 settembre 1937, quando a Dante giunse la cartolina di precetto per compiere il servizio militare, per il quale partì il giorno 6 ottobre, lasciando la sorella sola e presentandosi al distretto di Tortona, destinato al 40 reggimento bersaglieri di Torino.
Note
[1] – Wolsit – Nel 1930 una lira aveva un valore corrispondente odierno di € 0,92: pertanto la bicicletta di Dante oggi costerebbe circa € 300, in linea con gli attuali prezzi di mercato.
[2] – Basturnoni: sta per caldarroste, italianizzazione di bästürnon (m. pl.); il termine è ancora oggi usato nella zona.
[3] – Sabato fascista – Mentre la vita in campagna prosegue tra la fatica e l’incertezza, a livello nazionale gli eventi politici precipitano verso la dittatura. Nei diari non vi si fa alcun cenno, se non in occasione del “sabato fascista”, presentato come una fastidiosa incombenza che distrae dal lavoro.
Battaglia di Verdun
Strafexpedition
Stati Uniti in guerra
Disfatta di Caporetto
Rivoluzione d’ottobre
Pandemia di spagnola
Vittorio Veneto
Fine della guerra
Inizio biennio rosso
Fasci di combattimento
Repubblica di Weimar
Occupazione di Fiume
Elezioni con vittoria dei partiti popolari
Episodi di squadrismo
Episodi di fascismo agrario
Elezioni (blocchi nazionali)
Nascita PNF in Italia
Nascita NSDAP in Germania
Stalin al potere
Marcia su Roma
Mussolini al governo
Modifica legge elettorale
Complotto di Monaco
Delitto Matteotti
Nascita dell’URSS
Inizia ufficialmente la dittatura fascista
Completamento delle leggi “fascistissime”
Soppressione della libertà di stampa
Istituita l’Opera Nazionale Balilla
Scioglimento dei consigli comunali e provinciali
Sindaci sostituiti dai podestà, nominati dal governo
Nasce l’OVRA
Legge elettorale a Lista Unica
Concordato
Crisi economica
La crisi del 29
Nel 1929-30 divampa la crisi economica in tutto il mondo e anche in campagna se ne avvertono le conseguenze: Dante si lamenta dei prezzi che sono tutti in aumento!
Hitler al governo
Incendio del Reichstag
Notte dei lunghi coltelli
Nascita dell’Asse
Conquista di Addis Abeba
Proclamazione dell’Impero
Vittora del Fronte Popolare e guerra civile in Spagna
La guerra in Etiopia
Dante ha vent’anni quando partono per l’Abissinia i primi soldati: per quella guerra furono chiamate alle armi le classi dal 1911 al 1915 e quindi non ne è coinvolto.
Dante non è coinvolto neanche negli arruolamenti, regolari o forzati, di legionari da inviare in Spagna a sostenere la rivolta anti repubblicana di Franco.
Il Distretto Militare di Tortona
Dal 1934 i distretti militari in Italia furono portati al numero di 100, aggiungendone 22 a quelli già presenti nei capoluoghi provinciali: Tra di essi Tortona, che, pur trovandosi in provincia di Alessandria e in Piemonte , aveva allora competenza di reclutamento e gestione territoriale militare sull’Oltrepò pavese, in provincia di Pavia e in Lombardia.
La chiamata al servizio militare
Dante parte per il servizio militare all’età di ventuno anni e otto mesi, molto tardi rispetto agli standard generali di altri paesi ed anche a quello italiano del dopoguerra. Ancora negli anni Sessanta e Settanta si partiva appena compiuti vent’anni.
Il reclutamento era nel 1936 regolato dal regio decreto legge 21 novembre 1934 n. 1879, che prevedeva in effetti che per l’esercito i giovani venissero chiamati alla leva ed esaminati nel 20º anno e la chiamata alle armi normalmente nel 21º anno. La ferma “ordinaria” per l’Esercito era di 18 mesi, mentre quella “ridotta” era di 12; per la Marina era di 28 mesi. Dante fu sottoposto, prima di essere richiamato come istruttore nel 1939, ad una ferma di 12 mesi.
Sotto un regime fortemente ispirato alla militarizzazione ed in una fase storica che vedeva le Forze Armate già impegnate in Abissinia, in Spagna e nella “normalizzazione” della Libia, un reclutamento così “ritardato” ed una ferma così breve, specie per specialità di combattimento in prima linea, appaiono spiegabili solo con l’esigenza di contenere le spese di mantenimento delle forze armate di leva e/o di ritenere il “premilitare” di una qualche efficacia addestrativa. Sta di fatto che, in tal modo ed in caso di mobilitazione, sarebbero venuti a mancare circa 400.000 uomini (teoricamente) pronti per l’impiego in combattimento.
Posta Militare 32
Gli scambi postali di Dante, al momento dell’invio dei suoi quaderni di memorie, avvengono presso tale recapito, assegnato alla Divisione Marche, della quale alcuni elementi sono in Jugoslavia dal 16.4.41, mentre dal 19.4.41 lo sarà l’intera unità. Ha avuto presidi a Ragusa, Trebinje, Mostar e isole di Meleda e Curzola. Sede del Comando a Ragusa fino all’8.9.43. Il 4° reggimento bersaglieri opera per un certo periodo alle sue dipendenze.
Immagini di Stradella
Se non diversamente indicato, le immagini di Stradella sono tratte dalla galleria “C’era una volta Stradella”, di Francesco Gola.