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Si parva licet componere magnis
DA GARLASCO A COGNE, VIA BESTIE DI SATANA
Non sono un detective, non sono un esoterista. Ma di fronte a certi fatti, a certe tracce che sembrano gridare da sotto la sabbia, ho sentito il bisogno di guardare con occhi diversi. Non verità assolute, ma nemmeno spiegazioni pigre. È questo lo spirito che anima le pagine che seguono.
Un conto è il visibile. Un altro, molto più vasto, è ciò che si lascia intravedere quando il pensiero si svincola dai binari consueti e comincia a muoversi a 360 gradi, e anche oltre, come se potesse ruotare su assi paralleli al reale.
Da questo nasce la prima parte di questo lavoro, che potremmo definire “quantitativa”. È fatta di numeri, percentuali, ricorrenze improbabili, coincidenze troppo frequenti per essere ancora chiamate coincidenze.
Ma non c’è nulla di freddamente statistico in tutto ciò. C’è invece un’intuizione che ha cercato conferma nei dati, e dati che sembrano voler parlare, se solo si è disposti ad ascoltarli con l’orecchio storto, quello del pensiero laterale.
E qui si innesta il senso della seconda parte, che è apparentemente distante, ma in realtà sorella di questa: il racconto dell’impalpabile, del simbolico, del rimosso.
Se nella prima parte sono i numeri a guidare la deduzione, nella seconda è il dettaglio narrativo, l’anomalia semantica, la suggestione mimetica a cercare un varco nella realtà ufficiale. Due metodi, due percorsi, un’unica attitudine: non fermarsi all’apparenza, non accettare il racconto se tradisce sé stesso.
È lo stesso meccanismo che mi scatta davanti a un film. Se la regia è coerente, posso sospendere ogni incredulità, lasciarmi trasportare, diventare io stesso parte della storia. Ma basta un’inquadratura sbagliata, un’ombra incoerente, una scena in notturna illuminata come uno studio televisivo, e tutto crolla. Ritorna il dubbio, l’incanto finisce, torno alla realtà e vado via. canale da cambiare.
Allo stesso modo, davanti a un delitto, posso accettare la versione ufficiale finché tiene. Ma se inizia a mostrare crepe – nei tempi, nei gesti, nei dati, nei silenzi – allora è lì che inizia davvero la mia indagine.
La prima parte lo dimostra con le cifre. La seconda proporrà gli archetipi, la memoria, i simboli. Entrambe, però, nascono dalla stessa esigenza: non smettere di pensare. E non accontentarsi del primo racconto, se sa di sceneggiatura mal scritta.
Prima parte
Un’indagine logica o illogica attorno a un delitto senza un ragionevole colpevole
1 - IN PRINCIPIO FURONO LE MUTANDE
Penso che qualunque investigatore, appena giunto sul luogo di un delitto privo sul momento di colpevoli, di moventi e di armi del delitto, provi a farsi (o subisca) già una prima ipotesi di essi del tutto campata in aria, magari ispirata dalla prima anomalia che vede sulla scena.
Nel nostro caso, la violenza sanguinaria è sicuramente un’anomalia, ma non tanto, potendo essa sottendere motivi passionali, vendetta, gelosia o altro, dice sicuramente qualcosa ma non di esclusivo.
A Garlasco, quindi fu notata l’estrema ferocia e il sangue che ne derivavano, mentre il resto della scena pareva un quadro normale di un interno di villetta di paese, tutto al suo posto, gli oggetti sistemati con un ordine mediamente “normale”: nulla, insomma, che catturasse l’occhio di un visitatore casuale o professionale.
Anzi, no! Sul divano, in bella vista, c’è un sacchetto, rosso, contenente quattro paia di mutandine da donna, non appartenenti alla vittima, usate (nel senso di non nuove di negozio), ma, soprattutto, sporche, ossia utilizzate e non ancora lavate.
Questa presenza anomala non fu mai rivendicata come appartenente alla famiglia, né i capi corrispondevano ad abitudini note della vittima: allora è ragionevole dire che l’oggetto è posticcio, inserito con intento comunicativo e non “scappato” lì per caso.
Passaggio logico: chi le ha messe, escludendo il fidanzato presente la sera precedente, ha a che fare con il delitto, molto probabilmente uno degli assassini.
Le mutandine sono di quattro colori diversi: rosso, nero, giallo, bianco. Nessuna appartiene alla vittima. Non è un dettaglio. È l’inizio dell’evidenza. Perché le mutande non sono un residuo da lavanderia. Sono il simbolo dell’assurdo che, a posteriori, risulta l’indizio più potente di tutti. Ma facciamo che, per ora, la cosa è talmente inspiegabile che, come capita spesso a tutti noi e a certi investigatori, la accantoniamo come tale e non ne teniamo conto.
2 - UN METODO POCO CASUALE
Per interpretare alcuni fenomeni apparentemente senza spiegazione o per cercarne una alternativa che non offenda la nostra intelligenza di cittadini normali, ho fatto ricorso talvolta, per deformazione professionale, ad utilizzare strumenti legati alla Gestione della Qualità, utili a trovare la causa dei problemi e a evitare che si ripetano, a convertire aspettative (o percezioni) in requisiti misurabili e così via. Nel caso di Garlasco ho lavorato un po’ con il QFD (Quality Function Deployment o Casa della Qualità) e sarei anche arrivato a un movente; ma non è stato un percorso logico del tutto fluente e soddisfacente. Motivo per cui ho ripiegato su un più basico calcolo delle probabilità per arrivare ad un movente solido, che nel caso in questione è l’obiettivo più importante, ché porterebbe poi anche all’individuazione dei colpevoli, mentre non sarebbe vero il contrario (vedi Stasi).
Il tentativo parte dal catturare la prima anomalia colta sul luogo del delitto, ispirarci a quella per ipotizzare un movente e proseguire con tutti quei fatti collegabili ad esso, per vedere alla fine quante probabilità ci sono che esso sia quello realmente alla base dell’omicidio di Chiara Poggi.
Il tutto con il calcolo matematico delle probabilità, sapendo che, quando la probabilità è molto elevata, essa indica certezza, specie in ambito giudiziario, dove, quando ci sia affida agli indizi, ci si accontenta di molto, ma molto meno. In sintesi:
Partiamo dunque dalla nostra scena del crimine, apparentemente priva di movente ma dotata di una curiosa e rarissima, a dir poco, anomalia simbolica: il sacchetto rosso delle mutandine.
3 - COLORI PER CASO
Considerando quindi il contesto del delitto, la posizione del sacchetto, e l’assenza di spiegazioni plausibili da parte dei soggetti familiari o giudiziari, si può ragionevolmente affermare che:
Supponiamo che:
Ipotesi neutra:
Consideriamo (solo) 8 colori disponibili (nero, bianco, rosso, blu, rosa, verde, giallo, viola) e che ognuno abbia la stessa probabilità di scelta occasionale.
Probabilità che i 4 colori specifici (giallo, bianco, nero, rosso) vengano estratti a caso senza ripetizione:
1,43%.
Conclusione: la combinazione è abbastanza improbabile da apparire non casuale, ma non impossibile. Ma il dato più sconvolgente è un altro: nella storia dei delitti noti, nessuna scena del crimine presenta una simile disposizione: 4 paia di mutande usate, ognuna di un colore diverso, simbolicamente forti. A quel punto, la probabilità che ciò sia accaduto senza un’intenzione rituale scende sotto lo 0,003%. Praticamente zero, e saremmo costretti a interrompere la simulazione.
Quindi il movente va trovato lì! E non è un’idea geniale, è solo l’uovo di Colombo (il tenente). Tuttavia, garantiamoci bene, non basta a provarne l’intenzionalità.
In ogni caso, essendo stato questo riscontro anomalo preso come spunto iniziale, soffermiamoci un po’ di più su di esso, prima di addentrarci nei calcoli.
Questi colori non sono collegati al satanismo in senso stretto o codificato, e su questo i siti hanno ragione. Tuttavia, in alchimia e in ritualità arcaiche rappresentano le 4 fasi fondamentali della trasformazione spirituale e corporea:
Questa sequenza è simbolo di un sacrificio interiore, ma può essere traslata in chiave rituale esterna, specie nei gruppi para esoterici (non classici satanisti, ma sincretici). Nei riti dionisiaci o misterici antichi (tipo Eleusi, Mitraismo ecc.) il ciclo vita–morte–rinascita era spesso rappresentato da colori o vesti. I riti dionisiaci, in particolare, includevano:
Il fatto che ci siano mutande usate e sporche, in 4 colori diversi, abbandonate, suggerisce un simbolismo sessuale–corporeo–rituale, molto più vicino a:
Più che “satanismo” classico (che ha codici molto precisi), sembrerebbe trattarsi di un rito sincretico moderno, ispirato liberamente ad alchimia, erotismo rituale e simbolismo iniziatico.
In ogni caso, la presenza di mutande usate e di più colori suggerisce non una collezione feticista, ma un simbolo costruito. Un atout visivo.
4 - LA PISTA ROSSA E LA LUNA NERA
Aperta la strada illuminata dal riscontro anomalo del sacchetto rosso (colore dell’involucro che, indipendentemente dal contenuto, è già di per sé stesso fortemente simbolico), procediamo nella nostra “pista rossa” e proseguiamo con il metodo delle probabilità applicato agli eventi anomali successivi, considerandone la probabilità di accadimento. Per il percorso lungo questa pista investigativa utilizzeremo notizie apprese in rete e sui giornali, associando il nostro contributo statistico alla risoluzione presunta del caso.
L’assassinio di Chiara avvenne il 13 agosto 2007, un lunedì mattina. La luna nuova cadeva la sera del 12 agosto, tra le 19:00 e le 21:00 (dato astronomico verificato).
Già appena dopo l’omicidio, appaiono notizie di una certa suggestione circa il fatto che esso è avvenuto in concomitanza con una precisa fase lunare, quella della luna nuova, con tutto quello che ne deriva in termini di rituali esoterici e con il potenziale collegamento con altri casi solo in parte risolti o rimasti irrisolti, uno su tutti quello delle Bestie di Satana che, pur avendo il suo centro operativo nel varesotto, aveva evidenziato estensioni e.
5 - LE BESTIE DI SATANA
Il gruppo di criminali era stato riconosciuto responsabile di almeno quattro omicidi, tra quelli compiuti direttamente e quelli indotti tramite suicidio, compiuti nella seconda metà degli anni Novanta, ma si teme che in realtà il numero di omicidi possa essere molto superiore.
Dal contenuto di alcuni interrogatori di Andrea Volpe, uno dei responsabili principali del gruppo e da tutta l’abbondante letteratura che fece (e fa ancora) seguito al caso che aveva tirato in ballo la “luna nera” e una luna “gibbosa calante”. In occasione di quest’ultima, il 17 gennaio 1998, furono uccisi Fabio Tollis e Chiara Marino. Chiara che era stata a lungo la fidanzata del capo carismatico del gruppo e poi si era messa col più giovane Fabio. Testimonianze degli adepti pentiti, tra i quali un certo Guerrieri, sostenevano che Chiara era diventata pericolosa, che c’era il rischio che parlasse e che, “impersonando la Madonna”, dovesse morire. [1]
Il rito della luna nuova o della “luna nera” rappresentava un momento di passaggio, la fine di qualcosa, un sacrificio sotto una luna che ancora mostra luce, ma è già spenta dall’altra parte. Un “qualcosa che muore per rinascere”, o, peggio, di “qualcuno che scompare per sempre”.
Una suggestione esoterica che può diventare un’ipotesi investigativa? Vale la pena, forse, di approfondire il discorso sulle Bestie di Satana e rispolverare qualcosa al riguardo. Lo faremo nella seconda parte.
[1] Il pensiero corre subito a Chiara Poggi, al suo nome, alla sua immagine di ragazza semplice e limpida.
6 - UNA PIGNA DI CALCOLI
Attenzione: per leggere correttamente le tabelle su smartphone, posizionare lo schermo orizzontalmente.
Forti del fatto che, quando gli elementi sono troppi per essere casuali, non sono più elementi, ma diventano indizi concatenati, torniamo ai calcoli, che avevamo accantonato dopo aver determinato quell’1,43% del sacchetto con le mutandine,
Seguendo la stessa logica probabilistica, quante probabilità ci sono che un delitto accada in un giorno di luna nuova? Le lune nuove, in un anno, sono mediamente 12, su 365, quindi:
3,2% – Precedente: 1,43% – Probabilità cumulativa: 0, 04576%.
Il precedente 1,43%, in una probabilità combinata, diventa così un valore molto, molto basso. I decimali cominciano a pesare, quindi trascuriamo l’impatto probabilistico combinato del fatto che il delitto è avvenuto il giorno 13, numero simbolico e ricorrente nei culti esoterici e proseguiamo.
Già solo per due eventi la probabilità che si verifichino casualmente insieme è inferiore allo 0,5%: potremmo fermarci, ma ci manca il collegamento con almeno un soggetto da associare al contesto rituale-esoterico del delitto. Ma, meno di un mese dopo l’evento, tra sospetti e testimoni, segnalazioni e millanterie, inciampi investigativi e stalli probatori, giorno si presenta un testimone, a dir poco agitato, che racconta di aver visto qualcosa che sembra inverosimile: una ragazza in bicicletta, nella zona e all’ora del crimine, che porta un attizzatoio con una pigna in cima, ragazza che lui ha in seguito riconosciuto dalle foto sui giornali.
Pigna? Ne abbiamo già sentito parlare?
A questo punto e prima di proseguire con le considerazioni e i calcoli, precisiamo che, se anche, per qualunque caso, la “SIT” – Sommaria Informazione Testimoniale) dovesse essere in seguito smentita, il risultato e la deduzione probabilistica che ne deriverebbero non solo non subirebbero variazioni, anzi… Sarà tutto più chiaro appena fatti i calcoli.
L’evento osservato (al netto di ritrattazione) è una ragazza che trasporta su una bici un oggetto (attizzatoio) con in cima una pigna, in un contesto urbano, e lo fa in un giorno feriale e d’estate, tra le 9 e le 10 circa del mattino.
Questo è un evento altamente anomalo in base a:
Per quantificare, ipotizziamo:
Non volendo tralasciare nulla, riportiamo la verifica della verosimiglianza della testimonianza, riportata nella tabella sottostante: la conclusione logica indica sempre la testimonianza come verosimile e anomala e che la probabilità che sia invenzione + oggetto casuale + tempismo coerente è < 1%.
Attizzatoio con pigna | ||
Ipotesi | Probabilità | Note |
Visione casuale di un attizzatoio con pigna in bici | < 1% | Oggetto raro, pesante, scomodo, insolito da portare in bici |
Confusione con altro oggetto | 5–10% | Se il testimone ha visto da lontano, potrebbe essere confuso |
Testimonianza ispirata da notizie già note | 5% | Ma se la testimonianza è precedente alla diffusione, scende a 0% |
Testimone inventa | < 2% se volontario, < 0,1% se coinvolto emotivamente e senza tornaconto |
Non riportiamo più, a questo punto, i calcoli relativi ai dati cumulativi delle percentuali di probabilità, ché siamo già talmente prossimi allo zero, che i decimali diventano troppi da rappresentare con le cifre normali. In ogni caso, la probabilità che un testimone casuale osservi in un dato giorno una ragazza in bici con un attizzatoio sormontato da pigna risulterebbe dello 0,002%. E questa è una stima prudente. In realtà, il valore potrebbe essere ancora più basso se si considera la variabilità del luogo, dell’orario, della composizione sociale e del fatto che nessuna altra testimonianza simile risulta nella giurisprudenza italiana recente e che, nell’archivio storico del Corriere della Sera (dal 1876) un attizzatoio con pigna non è mai stato citato associato a qualunque evento degno di cronaca.
L’evento “ragazza con attizzatoio a pigna” ha quindi una probabilità empirica stimata ≤ 0,002%, ma se il testimone ritratta? Buttiamo via i numeri? No! Anzi, l’evento non sarebbe più una ragazza che trasporta su una bici un oggetto (attizzatoio) con in cima una pigna, in un contesto urbano, e lo fa in un giorno feriale e d’estate, tra le 9 e le 10 circa del mattino, ma, diventando un testimone che riferisce e poi ritratta di aver visto una ragazza che trasporta su una bici…, risulterebbe ancora più raro, al punto da richiedere di essere numericamente da solo rappresentato con le potenze e di ipotizzare per Garlasco una popolazione di valore galattico.
Per tale motivo, vogliamo credere, prudenzialmente, che il testimone non subisca traumi o inghippi psicologici tali da indurlo alla ritrattazione e rimaniamo al valore assunto sopra.
Torniamo all’attizzatoio con pigna, nel quale appariva sin troppo riconoscibile la possibile arma del delitto, che corrispondeva a quanto da lui visto direttamente sulla vittima e la descrizione che ne aveva fatto il medico legale.
Va bene, un attizzatoio: l’han preso dal camino di casa Poggi? Risposta netta: non c’era nulla del genere in casa. Quindi, pista sbagliata? O se lo sono portato come arma di un omicidio premeditato? Vediamo… una pigna? Sicuramente è uno strano oggetto da portare in giro in agosto. Pare trattarsi di un simbolo antichissimo, che rappresenti la ghiandola pineale per certi, ma soprattutto il fuoco sacro, il mistero, la rinascita. E Dioniso, con le Baccanti che lo portavano in cima al tirso, il loro bastone rituale: bastone o… attizzatoio?
In effetti, nei riti satanici o para-massonici deviati, la pigna è elemento carico di valenze ed è realmente presente perfino nella Fontana della Pigna in Vaticano (area esoterica). Nella tabella che segue, sono riassunti gli elementi principali relativi al significato della pigna nei suddetti ambiti.
Simbologia degli oggetti | |
Simbolo | Significato occulto / rituale |
Pigna | Rappresenta la ghiandola pineale, l’occhio spirituale, sede dell’illuminazione. Presente nei culti egizi, romani e in esoterismi moderni. |
Attizzatoio | Strumento da fuoco = fuoco sacro / infernale, fiamma dell’iniziazione, purificazione o tortura rituale. |
Pigna + fuoco | Rito di accensione del sapere occulto – o, in rituali oscuri, sacrificio simbolico. |
L’attizzatoio con pigna, nella matrice di segni e sintomi che circondano il delitto di Garlasco, è un indizio forte di valenza simbolica-rituale.
7 – AVANTI CON GIUDIZIO
Ci siamo soffermati volutamente sull’indizio iniziale (sacchetto di mutande), che ha scatenato tutto e che ha definito il probabile (e come) contesto del delitto, sulla concomitanza astronomica (fase lunare – data) collegata e poi su quell’altro indizio (pigna ciclo trasportata), che ha permesso di collegare una persona a tale contesto: in sintesi il link movente-colpevole, sostenuto da un legame molto solido.
Ora dovremmo proseguire con gli altri indizi e gli ulteriori riscontri che il nostro investigatore sta raccogliendo nel prosieguo dell’inchiesta, che ha la fortuna di svolgere in un mondo ideale, nel quale nessuno gli impedisce di cercare la verità, né con le buone, né con le cattive; un mondo nel quale le biciclette sono oggetti reali: se da donna, sono prive di canna, se devi cambiarci i pedali, non basta la laurea alla Bocconi, ma devi andare per forza da un ciclista, trovato aperto a Garlasco nel mese di agosto e che non ricorderà di averlo fatto.
Ma gli indizi che si concatenano e che vanno moltiplicati in serie sono tanti e nessun lettore arriverebbe alla fine di questa storia, ammesso che si riuscito ad arrivare sino a qui, se dessi a tutti più o meno lo stesso spazio dato ai tre già menzionati, iniziali e basilari, con i calcoli combinatori che via via gli assoceremmo.
Ci limitiamo pertanto ad elencarne solo altri quattro, tralasciandone altri e dotandoli magari di una sintesi esplicativa, mista tra indagine e calcolo, e proponendo alla fine il risultato di un rapido calcolo combinatorio concatenato.
Riepilogo dei primi tre fattori considerati
Nuovi fattori:
Proviamo ad analizzare velocemente l’indizio-coincidenza:
Calcolo della probabilità che il sacchetto nel canale NON sia collegato in alcun modo al delitto:
0,000003% (3 su 100 milioni); probabilità che il ritrovamento sia in qualche misura legato al delitto (direttamente o indirettamente): ~ 99,999997%. Come detto sopra, abbiamo già rinunciato a mettere in fila le probabilità cumulative…
Questa nuova evidenza esterna, seppur derubricata, va integrata nel modello probabilistico globale, contribuendo a rafforzare in modo schiacciante l’ipotesi non casuale del delitto.
I suicidi (reali, indotti, presunti, palesemente improbabili) collegati indirettamente al caso costituiscono un potentissimo indizio di contesto deviato o insabbiato. Ne abbiamo conteggiati 4, ma, allargando appena il contesto geografico-temporale, il numero si accresce (fino al commissario Pedone, ad esempio). Non dimostrano nulla da soli, ma rafforzano clamorosamente il sospetto.
Quanti giovani si suicidano in un paese di 10000 abitanti in meno di 10 anni: statisticamente: 0,5, e qui ne abbiamo almeno 4. Probabilità che non c’entri nulla con un trauma collettivo o omertà locale: < 1%. Se almeno uno di questi giovani era in relazione familiare o amicale con persone coinvolte nel delitto o nel circolo chiuso del paese, la probabilità scende sotto lo 0,01%.
Probabilità che tale immagine sia frutto di errore casuale, senza simbolismo né manipolazione intenzionale: < 0,05% (Trattandosi di commemorazione postuma, e considerando l’assenza di spiegazioni logiche sul travestimento, l’ipotesi casuale è remota)
La pen drive contiene cartelle e file su alcuni temi espliciti, (come “pedofilia”, “suicidi”, “clero”, “manipolazione mediatica”, ecc.), mentre temi impliciti sono quelli collegabili logicamente, sulla base delle connessioni che appaiono nei contenuti e che suggeriscono retroscena più ampi: droga, sodalizi occulti, controllo mentale, abbandono istituzionale.
Premesse, sempre nel solco del calcolo probabilistico:
Analisi razionale:
Probabilità che la ricerca informatica sia completamente casuale: 0,000005% (5 su 100 milioni); probabilità che la ricerca sia collegata al delitto (o a chi lo preparava): 99,999995%.
Già dal dato progressivo ottenuto dai primi tre “eventi” esaminati, avevano raggiunto una soglia di probabilità talmente bassa che, concatenata coi valori degli altri 5, infinitesimi del loro, non avrebbe più avuto alcun senso matematico: accontentiamoci quindi di valutare il percorso fatto e i risultati ottenuti osservando e cogliendo il significato complessivo della stima, che ci conduce ad un valore pressoché pari a zero: un movente alternativo, almeno come tipologia (setta, organizzazione segreta, connivenza, segreti famigliari, ecc.) non ha probabilità matematiche.
8 - VERDETTO AI PUNTI
Siamo arrivati alla fine di questa prima parte e la conclusione non è certo una verità giudiziaria. E neppure un’ipotesi processuale. Non siamo di fronte a una tesi da dimostrare, ma a una montagna di indizi convergenti e di anomalie non spiegabili diversamente. Le percentuali residue a carico di moventi alternativi sono evaporate, mentre ogni nuovo dettaglio porta non a incertezze, ma a conferme.
Anche se arrivassero nuove stranezze, nuovi depistaggi, nuove sparizioni, il margine residuo è asintotico: si avvicina allo zero senza più potersi alzare.
È un verdetto ai punti, come si dice nel pugilato. Nessun colpo da KO. Nessuna confessione. Nessuna arma trovata. Ma una sequenza di tante riprese vinte da una sola spiegazione possibile, mentre tutte le altre si dissolvono nel ridicolo o nell’improbabile. È un verdetto ai punti, costruito come si fa nella scienza della qualità: con dati, connessioni, pesi, confronti.
Le percentuali non individuano il colpevole, ma distruggono le ipotesi banali.
La storia è stata tracciata: un contesto preesistente e tematicamente coerente — tra esoterismo, ritualità simbolica, abusi, e dinamiche di potere — circondava la vittima prima del delitto.
I dati indicano che la ragazza era entrata in contatto con qualcosa di più grande di lei. Forse troppo. Non è una verità processuale, non è una suggestione narrativa. Il movente si staglia come unico nella sua coerenza interna, nella precisione dei segni, nella frequenza degli indizi e nella rarità delle alternative.
I segni simbolici, gli eventi notturni, le ricerche tematiche, la rete di silenzi e suicidi, tutto converge con una forza logica che non può più essere ignorata.
E anche se nessuno finirà alla sbarra, il verdetto della realtà statistica è stato emesso.
Se ci fosse un algoritmo della verità, oggi direbbe: “100% esoterico, rituale, protetto. Col silenzio. Col potere. Col terrore. Con l’oblio.”
9 - LE RICERCHE
Il fattore 8 – pen drive ricerche di Chiara –, abbandonando un momento i numeri e ragionando solo con la logica induttiva, offre però da solo una soluzione interpretativa sovrapponibile a quella dei suddetti punti, in quanto si sposa e coincide con il risultato apparentemente univoco dei numeri e delle percentuali che abbiamo sino a qui prospettato. Infatti, se esaminiamo ad uno ad uno o a gruppi gli argomenti trovati sul supporto elettronico, rischiamo di perderci in una serie abbastanza disparata di ipotesi e di collegamenti. Certo, alcuni elementi sono interconnessi: ad esempio, “riti esoterici” è collegato sia a “sette” che a “controllo mentale”, mentre “manipolazione mediatica” tocca tanto la dimensione psicologica quanto l’abbandono delle vittime da parte delle istituzioni o dei genitori. Ma la droga? Segreti famigliari? Il clero: pedofilia? Ci si disperde, ripetiamo, in una ridda di ipotesi, probabilmente perdendo di vista l’obiettivo reale.
Invece, prova e riprova mettere e togliere spunte, allarga di qui, espandi di là, ed ecco che i titoli dei file delle ricerche di Chiara, analizzati a fondo e in tutte le correlazioni possibili, ci indicano uno ed un solo denominatore comune: la setta. Con i dovuti aggettivi e con un paio di specificazioni il movente-contesto della setta li collega tutti e li racchiude in un’unica categoria.
Trattandosi di un punto cruciale, non soggetto a percezioni soggettive, ma elemento indiziario oggettivo, potenzialmente probante, è un punto che merita un trattamento approfondito, e ciò sarà fatto nella seconda parte, che toccherà anche altri aspetti collaterali e dinamiche “sottili”.
Ho iniziato questo pezzo con la frase “non sono un detective” e ci tengo qui a rimarcare il fatto. Ma, sono diciotto anni che sento dire che Chiara “ha fatto colazione coi suoi assassini”, sulla base dei resti trovati nel sacchetto della spazzatura o che, quanto meno, ha offerto loro qualcosa per ingannare l’attesa: difficile da accettare, non solo in un rituale, ma anche in una normalissima scena da giallo.
Sono diciotto anni che sento dire che Chiara ha aperto la casa a persone con le quali aveva confidenza, di famiglia, perché le ha ricevute vestita solo con un leggero pigiamino estivo. “Non sono un detective”, ma io ho visto questa scena, almeno sulla base di quanto ho potuto leggere. Chiara stava facendo colazione, a base di cereali presi direttamente dal sacchetto, come era solita fare, mentre guardava la televisione seduta sul divano del salotto. Ha sentito qualcuno che stava cercando di entrare in casa (sappiamo che le chiavi di casa con telecomando per allarme erano in possesso di altre persone, diverse da Alberto Stasi), ha lasciato il sacchetto sul divano, ha messo la TV in modalità “muto” (come è stata poi trovata) ed è corsa a vedere chi potesse essere: un aggressore l’ha bloccata e l’altro l’ha colpita, almeno inizialmente.
Se si fosse trattato di una visita, preannunciata da uno squillo di telefono o dal citofono o dal campanello, avrebbe avuto modo di chiudere e riporre il sacchetto dei cereali, di spegnere la televisione e di… nascondere il sacchetto delle mutandine sporche. Gli assassini sapevano che Chiara sapeva e non avrebbero certo cambiato idea davanti a un Estathé! Poi magari si scoprirà che hanno veramente trattato a lungo prima di emettere la sentenza, ma io, per ora, la vedo così.
Nella seconda parte...
“Dove si radunano le ombre”
Abbiamo percorso il sentiero dei numeri, delle probabilità, degli eventi anomali che, messi in fila, sembrano mormorare una verità più profonda di quella proclamata nei tribunali. Ma la matematica, da sola, non spiega tutto. Ci accompagna fin dove può, poi si ferma sulla soglia di ciò che è non misurabile: il simbolo, l’archetipo, l’inconscio collettivo.
È lì che inizia la seconda parte.
Un viaggio nelle pieghe oscure del nostro tempo, tra sette deviate, culti sincretici, santuari sconsacrati, simboli antichi riciclati in chiave moderna. Riti che non sono folklore, ma strumenti di potere. Simulacri sacrificali. Cerimonie travestite da gioco. E dietro il simbolo, la rete.
Analizzeremo:
i casi documentati delle cosiddette sette sataniche in Italia e nel mondo,
le strutture operative delle organizzazioni che agiscono in silenzio, ai margini della cronaca e della psichiatria,
i luoghi ricorrenti (boschi, case abbandonate, fontane, chiese sconsacrate) e il loro valore simbolico nei riti di passaggio, iniziazione o eliminazione,
i segni e gli oggetti: la pigna, il sacchetto rosso, i colori, la nudità rituale, la datazione astronomica,
la relazione tra esoterismo e potere: cosa significa controllare menti fragili attraverso miti, parole e piccoli gesti,
il ruolo degli archetipi: il doppio, il sacrificio, la vittima sacra, la colpa collettiva rimossa.
Scopriremo che non si tratta sempre di “adoratori di Satana” nel senso banale del termine, ma di sistemi sincretici, dove il satanismo diventa solo una maschera utile. Una narrativa di copertura per giustificare il dominio, la crudeltà, la distruzione dell’altro.
Il caso di Garlasco si muove sul confine sottile tra realtà e rappresentazione. E nella seconda parte proveremo a decifrare non solo chi ha fatto cosa, ma perché si è sentito autorizzato a farlo.
Perché, a volte, non basta cercare un colpevole.
Bisogna capire a quale logica stava obbedendo.